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Carne e malattie ecco dove si sbaglia


Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica BMC Medicine “Meat consumption and mortality – results from the European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition” rivela una moderata correlazione tra un elevato consumo di carni trasformate (più di 160 grammi al giorno) e il rischio di morte precoce.
Assica, l’Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi, non ci sta e interviene nella polemica scatenata dallo studio: «Il limite di 160 grammi di carni trasformate al giorno sopra il quale i ricercatori avrebbero individuato un limitato rischio potenziale, è pari a più di quattro volte il consumo medio in Italia. Questo limite sarebbe infatti superato da un consumatore che mangiasse ogni singolo giorno della sua vita più di un etto e mezzo di salumi. Una quantità non compatibile con le nostre abitudini alimentari».
Secondo gli stessi dati monitorati nell’ambito del gruppo di ricerca, infatti, gli italiani mangiano in media tra 12,5 e 38 grammi di carni trasformate al giorno. L’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione rileva una media di 30,7 grammi. L’Italia – dopo la Grecia – è il paese dove si consuma il minor quantitativo di carni trasformate: meno della metà rispetto alla Germania e oltre un terzo in meno rispetto a Danimarca, Svezia o Spagna.
«Questo nuovo studio – sostiene Assica – conferma che il fattore di rischio principale è determinato da uno stile di vita scorretto (dieta squilibrata, poca attività fisica, fumo, ecc.). I consumatori possono quindi continuare ad acquistare e consumare i salumi italiani, all’interno di una dieta varia ed equilibrata».