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Caramelle di Pasqua e periferie di casa nostra


Quando ero bambino la Pasqua era un momento atteso dopo il periodo quaresimale nel quale non si mangiavano dolci e le poche caramelle che ci regalavano le mettevamo in una scatola o in un vaso di vetro per poi mandarle ai “mouretou”, ai moretti i piccoli bambini di colore. In questa opera ci credevamo tutti noi bambini e facevamo a gara chi metteva più dolci da parte, chi raccoglieva di più. Dove poi finissero quelle caramelle nessuno di noi lo sapeva ma tutto era fatto con serietà e sacrificio. Era una grande lezione di vita. Oggi con rammarico noto che questo non succede più e come abbiamo perso il senso e la cadenza delle feste, dei riti, dei valori, stiamo perdendo il senso delle stagioni, dei raccolti, delle tradizioni più vere. Oggi chi ha i mezzi finanziari non ha problemi quando da noi è inverno o la stagione è brutta ce ne andiamo nell’altro emisfero e svernare, e spesse volte si risparmia a scapito dei “mouretou” di quelle popolazioni che lavorano un mese intero per guadagnare 50 euro o forse a volte anche meno. La Pasqua però quest’anno ci ha portato un grande dono anzi due. Il primo il gesto straordinario di papa Benedetto XVI che con le sue dimissioni inaspettate ha generato quel vortice grandioso che ha portato all’elezione di papa Francesco I. Sicuramente un Papa non comune e spesso anche scomodo che però è ben accetto anche da chi non è cristiano perchè non solo predica ma applica in modo diretto dei valori umani condivisi da tutte le persone di buona volontà. Ne avevamo bisogno tutti ed in particolare proprio il clero italiano che ormai aveva perso totalmente il rapporto con i veri fedeli.
Un mio amico prete che già allora aveva passato l’ottantina, anni or sono mi disse: “I missionari non dobbiamo mandarli in Africa, in America, in Asia, ma dai nostri sacerdoti”.
Ero stato molto colpito da queste parole e adesso più che mai ne capisco il significato ed il senso come capisco il forte richiamo di papa Francesco: “Andate nelle periferie… o come vorrei una Chiesa povera… lasciate le 99 pecore per cercare la pecorella smarrita…” Noi quassù a Coumboscuro queste parole le sentiamo profondamente vicine e di grande conforto e speriamo dal profondo del cuore che riescano anche a scalfire la durezza di tante persone che antepongono il denaro alla loro missione pastorale.
Forse allora tutti noi avremmo di nuovo il coraggio di dire ai nostri figli ed ai nostri nipoti “Es Careimo manjo pa la caramèlo e butelo iqui per i mouretou” (E’ tempo di Quaresima non mangiare la caramella e mettila li dentro per i moretti)
Scusate la sincerità e la schiettezza delle mie parole ma forse oggi dobbiamo tutti noi riflettere un attimo e guardare anche alle periferie, agli ultimi spogliandoci del nostro orgoglio.
BONO PASCO A TUCHI
Escolo de Sancto Lucio de Coumboscuro
Mauro Arneodo