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Burocrazia record nel settore del vino


E’ la burocrazia ad ubriacare, non il vino. Potrebbe essere questo lo slogan di una campagna contro la macchina amministrativa che ogni anno sottrae al mondo agricolo -e in particolare al comparto vitivinicolo- oltre 4 miliardi di euro, il 30 per cento dei quali addebitabile a ritardi, a disservizi e inefficienze della Pubblica amministrazione.
Da anni la Cia-Confederazione italiana agricoltori è impegnata nel combattere il pantano burocratico del settore e chiede una semplificazione amministrativa e fiscale ritenuta un fattore indispensabile per lo sviluppo. Ed ora la Cia presenta l’iniziativa “Libera il vino dalla morsa della burocrazia” che ha l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della semplificazione. In questo senso è stata anche avviata una raccolta di firme per invitare le istituzioni a snellire le troppe procedure cui le imprese vitivinicole sono costrette a sottostare.
Quello del vino è un settore su cui si concentrano controlli e soprattutto adempimenti di varia natura, in misura superiore rispetto ad ogni altro comparto del settore agroalimentare. Per arrivare a “tappare” una bottiglia di vino doc, un viticoltore – afferma la Cia – deve avviare un iter burocratico oltremodo complesso che inizia con la richiesta di poter piantare la vite, con l’attesa della verifica e la successiva iscrizione della vigna all’albo. Questo è solo l‘inizio: in totale sono 21 gli uffici amministrativi a cui il viticoltore deve rivolgersi per ottenere le agognate certificazioni e avviare infine la produzione e la vendita. Non esiste infatti un unico organo a cui fare riferimento: prima il Comune, poi Provincia, Regione, Camera di Commercio, Asl, Inps, Inail, Cciaa, Agenzia delle entrate, Vigili del fuoco, Guardia forestale, Carabinieri, Consorzi di tutela e ancora Polizia municipale, Guardia di finanza, Ufficio repressione frodi. Inoltre alcuni di questi organismi interagiscono con uffici diversi che spesso non comunicano fra loro. Ciò rende praticamente impossibile per un viticoltore districarsi da solo in questa selva di uffici e di carte bollate: nel 65 per cento dei casi è difatti costretto ad assumere una persona che svolga questa attività per suo conto, mentre il restante 32 per cento si rivolge ad un professionista esterno. I costi aggiuntivi sono facilmente immaginabili.
Questo complesso iter burocratico – rimarca la Cia – rende oltremodo difficile competere con Paesi, come ad esempio la Francia, dove i controlli e gli oneri sono meno della metà di quelli previsti in Italia. E’ davvero necessario trascrivere ogni travaso su un registro o tracciare ogni chilo di feccia per evitare che nessuno lo distilli clandestinamente? “Siamo – avverte il presidente della Cia Dino Scanavino – in una situazione assurda. Ormai i costi della burocrazia sono divenuti insostenibili. E a questi si aggiungono quelli produttivi e contributivi. Le aziende sono oberate e vedono ridurre sempre di più la loro competitività. Per questo motivo rinnoviamo il nostro appello affinché si introducano al più presto elementi semplificativi che consentano migliori margini di manovra all’imprenditore. Un problema grave al quale le Istituzioni nazionali ed europee devono porre riparo in tempi brevi”.