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Attenzione all’Iva sui sacchetti biodegradabili, perché varia a seconda della tipologia di prodotto contenuto


Dal primo gennaio 2018 è stato introdotto il divieto di commercializzazione dei sacchetti ultraleggeri, non biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile inferiore al 40%, per la raccolta e la pesa di prodotti alimentari sfusi al consumatore. Per i sacchetti ammessi è vietata invece la distribuzione a titolo gratuito, con l’obbligo di indicazione del relativo prezzo, per singola unità, sullo scontrino o fattura d’acquisto.

DISTRIBUZIONE GRATUITA

Nonostante la norma, tuttavia, vi è ancora la possibilità, da parte dei commercianti, di non addebitare il costo della busta ai consumatori. Il confezionamento dei prodotti, seppur alimentari e sfusi, può essere infatti eseguito mediante buste di materiali diversi dalla plastica, oppure mediante buste specifiche per prodotti come il pane, il pesce, i latticini ed altri prodotti umidi, per i quali non sono previsti divieti alla distribuzione gratuita. Per i soggetti inadempienti è prevista una sanzione amministrativa da 2.500 a 25.000 euro, che può aumentare fino a 100.000 euro se la violazione riguarda ingenti quantitativi di borse di plastica o se il loro valore supera il 10% del fatturato del trasgressore.

TRATTAMENTO IVA

A questo punto occorre comprendere il trattamento Iva della cessione dei sacchetti che devono essere addebitato in scontrino o fattura dai commercianti interessati dalla disposizione. Tale addebito è infatti certamente un’operazione rilevante ai fini Iva (poiché non rientrante in alcuna delle fattispecie di esclusione) ed occorre pertanto valutare la connessione della vendita delle buste con l’acquisto dei beni trasportati/imballati per il loro tramite. Tale connessione si desume dal Testo Unico dell’Iva ai sensi del quale “il trasporto, la posa in opera, l’imballaggio, il confezionamento, la fornitura di recipienti o contenitori” hanno natura di operazioni accessorie rispetto all’operazione principale e pertanto, qualora effettuati direttamente dal cedente o per suo conto e a sue spese, “non sono soggetti autonomamente all’imposta nei rapporti fra le parti dell’operazione principale” (art. 12, c. 1, DPR 633/72).

OPERAZIONE ACCESSORIA

Quanto sopra sta a significare che la cessione della borsa ha natura di operazione accessoria rispetto alla vendita del bene e tale accessorietà comporta che la cessione della borsa sia soggetta alla medesima aliquota Iva della cessione “principale” del bene. Pertanto l’aliquota Iva della borsa cambierà a seconda del bene ceduto ivi contenuto, anche se sempre indicata separatamente nello scontrino o nella fattura emessi.

Nel caso in cui l’operazione principale sia costituita dalla cessione di beni assoggettati ad aliquote Iva diverse la Risoluzione Ministeriale n. 331171 del 12 aprile 1980 aveva chiarito che il corrispettivo deve essere ripartito proporzionalmente al valore dei vari beni, per poterne mutuare l’aliquota.

PRASSI PRUDENZIALE

In caso di impossibilità ad effettuare tale riparto si considera più prudente applicare l’aliquota maggiore tra quelle applicate ai beni oggetto di vendita. Esemplificando un sacchetto di plastica biodegradabile utilizzato da un produttore agricolo per vendere formaggi (che scontano l’aliquota Iva del 4%) e carne (che sconta l’aliquota Iva del 10%) – in caso di impossibilità tecnica del registratore di cassa a scorporarne il valore imponibile del sacchetto in proporzione all’importo di formaggi e carne – dovrebbe prudenzialmente scontare per il suo intero valore (di norma risibile) l’aliquota Iva più elevata, ovvero 10%.

 

Marianna Cugnasco

mar.cugnasco@studiocugnasco.it

(da “L’Imprenditore Agricolo”)