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Agrinsieme vuole rottamare l’Associazione allevatori


Roberto Maddè, già direttore di Coldiretti Toscana, è il nuovo direttore dell’Associazione italiana allevatori.
“Prendiamo atto della nomina del nuovo direttore dell’Associazione italiana allevatori – ha dichiarato il presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino – consapevoli che, nel corso degli anni, le finalità dell’Aia sono venute meno”.
Per Dino Scanavino: “L’Associazione è ormai un ente che grava sulla zootecnia e che, aumentando la burocrazia, finisce con l’appesantire il sistema”.
Per Agrinsieme occorre ripensare all’attuale regime antistorico di monopolio per molti servizi tecnici e di controllo funzionale del bestiame.

A tal proposito è forse utile ricordare le risposta del 10 marzo 2010 dell’Autorità Garante della Concorrenza ad una grossa azienda agricola e zootecnica che aveva inviato una “segnalazione” alla stessa Autorità, invitandola a pronunciarsi sul ruolo dell’l’Associazione italiana allevatori – Aia.

“La legge 30/91 – si legge nel documento dell’Antitrust – mentre assegna alle associazioni di allevatori il compito di istituire e tenere i libri genealogici, affida invece all’Aia in esclusiva lo svolgimento dei controlli funzionali. Ovvero in buona sostanza i test di determinazione della qualità genetica o della resa del bestiame assicurando una gestione accentrata e unitaria dell’attività relativa al miglioramento genetico del bestiame”.

L’Autorità osserva che la norma nel riconoscere all’Aia la competenza in merito ai controlli sulle attitudini produttive degli animali, “escludendo di fatto dallo svolgimento di tali controlli le altre associazioni di allevatori, appare idonea ad attribuire ingiustificati vantaggi concorrenziali a favore delle imprese associate all’Aia a danno degli allevatori non iscritti”.

E la restrizione “appare ancora più evidente – scrive ancora l’Autorità garante – se si considera che l’Aia svolge ulteriori servizi a favore degli iscritti attraverso la creazione di marchi a ombrello che promuovono più prodotti della filiera agroalimentare nazionale, quali la carne, il latte e derivati”.

Inoltre secondo l’Antitrust, la norma nazionale presenta “elementi di discontinuità” rispetto alla disciplina comunitaria, “in quanto impedisce – scrive – che una costituenda associazione di allevatori che voglia tenere o istituire i libri genealogici possa svolgere la funzione richiesta dalla normativa comunitaria per il riconoscimento pubblico di tali organismi”. Vale a dire essere in grado di svolgere i relativi controlli necessari alla tenuta degli alberi genealogici.

La decisione della Commissione europea del 27 aprile 1984 parla chiaro: “gli Stati membri devono concedere il riconoscimento ufficiale a qualsiasi organizzazione o associazione di allevatori che tiene o istituisce libri genealogici purché dotata di determinati requisiti”. In poche parole non deve essere solo l’Aia ad avere il “potere” di determinare la qualità dei bestiami dei singoli produttori. E non è escluso che le persone danneggiate dalle misure statali in questione possano citare per danni lo stato membro per “violazione del diritto comunitario”.

“L’Autorità ritiene pertanto – si legge ancora nella nota dell’Antitrust – che la preclusione allo svolgimento dei controlli per quelle associazioni di allevatori che tengono o istituiscono i libri genealogici diverse dall’Aia, non sia giustificata dalle esigenze di carattere generale di garantire alla Pubblica amministrazione di interagire con operatori qualificati in grado di svolgere controlli accurati”. Dunque l’Autorità “auspica che i controlli sulle attitudini produttive del bestiame possano essere svolti da tutte le associazioni di allevatori munite di requisiti di qualificazione oggettivamente accertati aumentando così anche le possibilità di scelta associativa, tecnica ed economica delle imprese zootecniche”.

Infine viene auspicata “una revisione dell’attuale normativa in materia di controlli al fine di garantire condizioni di accesso a tali attività non ingiustificatamente discriminatorie favorendo così il pieno svolgimento del confronto concorrenziale tra allevatori anche a vantaggio degli utenti”.