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Agrinsieme: “L’accordo sulla Pac non ci piace”


E’ stato raggiunto martedì scorso l’accordo politico tra il Ministero delle Politiche agricole e le Regioni sulle regole di applicazione
della riforma della Pac “verso il 2020”.

GLI ELEMENTI DELL’ACCORDO
Si tratta di un’intesa di massima, della quale non è ancora disponibile un testo scritto, i cui aspetti salienti riguardano i seguenti elementi: scelta definitiva per un metodo di calcolo dei diritti dal 2015 che fa riferimento alle somme pagate nel 2014; evoluzione del valore dei titoli basata sul pagamento medio calcolato con una regione unica nazionale; sistema di “convergenza parziale”; calcolo del pagamento di greening proporzionale (circa 60%) al valore del titolo disaccoppiato; soglia minima delle domande pari a 300 euro a partire dal 2017 con una gradualità nei primi due anni; definizione di agricoltore attivo con limitazione dei pagamenti ai soggetti iscritti all’Inps, nonché a quelli con partita Iva agricola e con giro d’affari di almeno 7 mila euro; riduzione del 50% dei pagamenti di base eccedenti i 150 mila euro e del 100% di quelli eccedenti i 500 mila euro, con possibilità di dedurre dagli importi i costi della manodopera; maggiorazione del 25% dei pagamenti diretti per i primi cinque anni di attività dei giovani con meno di 40 anni; pagamenti accoppiati, utilizzando l’11% del massimale finanziario complessivo, a favore di zootecnia da latte e da carne, piano proteico e seminativi (riso, barbabietola e pomodoro da industria), olivicoltura.

“PERCHE’ NON CI PIACE”
Agrinsieme, il coordinamento tra Confagricoltura, Cia e Alleanza delle cooperative agroalimentari, ha giudicato duramente l’accordo, ritenendo che le linee guida definite dopo il lungo negoziato tra Ministero e Assessorati regionali mortifichino l’agricoltura con misure ora poco incisive, ora addirittura penalizzanti per quegli operatori che fanno crescita e occupazione per il Paese.
“Avevamo formulato diverse proposte – ha spiegato Agrinsieme – tra le quali quella di utilizzare al livello massimo del 13 più 2% la quota di massimale da destinare ai pagamenti accoppiati settoriali. Ministro e assessori si sono invece fermati all’11%, rinunciando a voler gestire una fetta importante di risorse e prevedendo misure che potrebbero essere di fatto ininfluenti sui conti aziendali. In più, ci ritroveremo probabilmente misure penalizzanti, come la disciplina dell’agricoltore attivo e la forte riduzione dei pagamenti oltre determinate soglie (la cosiddetta degressività), che colpirà realtà dinamiche e competitive che creano ricchezza e occupazione”.