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Agricoltura, il limite tra etica e scienza


Il salmone geneticamente modificato, che può crescere di più e più in fretta, prodotto dall’azienda statunitense AquaBounty Technologies, potrà essere commercializzato per il consumo umano.
Lo ha stabilito la Food and drug administration (Fda), ovvero l’Agenzia federale statunitense che si occupa di regolamentare farmaci e alimentazione.
Gli esemplari, che saranno allevati in bacini dislocati a terra, in Canada e a Panama (non negli Stati Uniti), saranno tutti femmine sterili. In questo modo si dovrebbero evitare fughe in mare aperto e, quand’anche ciò avvenisse, non sarebbe possibile la riproduzione dei salmoni geneticamente modificati.
L’associazione britannica Friends of the Earth ha fatto sapere che in lista d’attesa presso la Fda vi sono ben 35 specie di pesce e svariate altre di ovini, bovini e suini geneticamente modificati, la cui approvazione potrebbe risultare ora accelerata, dopo l’ok al super salmone.
La ricerca, lo sviluppo scientifico e gli avanzamenti tecnologici sono difficili da fermare perché raramente accettano di essere condizionati da vincoli di natura etica. Tutto ciò che siamo soliti chiamare “progresso” pone interrogativi sempre più complessi. C’è o deve esserci un limite alla scienza? Una linea di confine tra scienza e etica? E nel qual caso, dove va posta?
Il salmone ogm é davvero “progresso”? In attesa che si possa dare una risposta a questa domanda si deve fare una cosa semplice: rendere i consumatori edotti di come gli alimenti nascono, di quali lavorazioni subiscono e di come arrivano sulle nostre tavole, in modo che possano decidere che cosa mangiare o che cosa non mangiare.
A differenza degli Stati Uniti, nell’Unione europea le direttive stabiliscono che tutti gli alimenti contenenti più dello 0,9 per cento di ogm debbano riportare chiare indicazioni sulle etichette. Il partito di Obama vuole l’etichettatura obbligatoria degli alimenti contenenti organismi geneticamente modificati, ma la proposta di legge é ancora in attesa di essere discussa ed eventualmente approvata. Etichette chiare e trasparenti sono la migliore risposta a chi vuole metterci nel piatto cibi che non vogliamo.
La normativa europea sull’etichettatura é più severa di quella degli Stati Uniti, ma presenta ancora vistose lacune. Per molti alimenti, ad esempio, non è prevista l’indicazione d’origine né della materia prima, né degli ingredienti. La stessa indicazione dello stabilimento di confezionamento è facoltativa. A tutte queste lacune occorre porre rapidamente rimedio. Le etichette devono fornire informazioni complete ed anche leggibili.

(Fonte: Cia Piemonte)