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Agricoltori, in politica siamo messi male


Nelle liste elettorali si contano pochissimi agricoltori. E’ così in provincia di Cuneo, ma tutto il Piemonte è messo male allo stesso modo.
C’è poco da stare allegri. Di allevatori, frutticoltori, viticoltori, orticoltori, cerealicoltori davvero poche tracce; rare eccezioni soprattutto nei posti alti delle liste, quelli che assicurano buone probabilità di essere nominati.
Eppure di onorevoli e senatori che ne capiscano qualcosa di un settore economico fondamentale per la Granda e per il nostro Belpaese ce n’è davvero bisogno. Fare lobby non è peccato, neppure in politica. Essere minimamente competenti, ancora meno.
Chi pensa che tutti gli avvocati, medici e dirigenti in lista sapranno rappresentare degnamente anche l’agricoltura, cambi pure idea … per capire il paradosso, provate il contrario: dite ad una medico che in parlamento verrà rappresentato adeguatamente da un agricoltore e poi vedete la reazione …
Qual è allora la motivazione di tale assenza? L’impresentabilità degli esponenti agricoli? Il disinteresse degli imprenditori agricoli a rapportarsi con le nomenclature dei partiti? La loro scarsa passione civica o politica?
Non credo, e due esempi di questi giorni dimostrano esattamente questo: Maurizio Gardini, agricoltore, eletto al vertice di Confcooperative e Antonio Patuelli, agricoltore, da pochi giorni nuovo presidente dell’Associazione Bancaria Italiana.
Dunque la classe dirigente in agricoltura c’è, eccome. E allora? Certo è che senza rappresentanti politici competenti nelle “stanze dei bottoni” i referenti romani dei sindacati mantengono un valore fondamentale, imprescindibile. Che sia questo allora il senso dell’assenza?