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A Monforte d’Alba, convegno transalpino su flavescenza


La Flavescenza dorata è una pericolosa malattia della vite che in questi ultimi anni ha creato notevoli danni anche nei vigneti piemontesi e, pertanto, va combattuta con energia e con determinazione. Il Cipaat-Cia ha discusso di questa problematica in un incontro tenutosi recentemente a Monforte d’Alba, nel corso del quale sono state messe a confronto le esperienze di intervento al di qua e al di là delle Alpi. Un pubblico di viticoltori numeroso ed attento ha seguito gli interventi degli esperti che hanno tracciato un quadro della situazione e dello stato della ricerca. Ha concluso il convegno il vice presidente nazionale della Cia Dino Scanavino. Le relazioni sono state tenute da Paola Gotta del Servizio Fitosanitario Regionale che ha fatto il punto sulle novità della ricerca, da Aurelio Del Vecchio, collaboratore del S.F.R., che ha partecipato ai Progetti Pilota di monitoraggio dell’insetto vettore Scaphoideus titanus in Valle Belbo e Tinella, nel Nicese e nel Roero.
Sono intervenuti anche due tecnici francesi, provenienti dalla Regione del Languedoc – Roussillon, particolarmente colpita dalla malattia. Interessante il confronto delle due realtà viticole, messo in luce dalle esposizioni di Jean Michel Trespaille Barrau, coordinatore della lotta ai fitoplasmi per il Ministero dell’Agricoltura Francese e di Philippe Tixier-Malicorne, direttore dei FREDON, organismi che assicurano e coordinano i gruppi di monitoraggio sul territorio.
La Flavescenza dorata, si sa, è provocata da un fitoplasma, microrganismo simile a un batterio, che vive nei vasi floematici della pianta ospite oppure all’interno dell’insetto vettore, lo Scaphoideus titanus Ball. Per contrastarla con la massima efficacia possibile è stato emanato a livello nazionale un decreto di lotta obbligatoria ed in Piemonte il Settore fitosanitario regionale, in collaborazione con i tecnici delle Organizzazioni professionali agricole, ha intensificato la vigilanza sul territorio, attivando anche le risorse tecniche e scientifiche presenti in regione al fine di operare i modo coordinato per contenere l’epidemia.
Abbiamo rivolto alcune domande tecniche a Paola Gotta la quale ha voluto opportunamente precisare che, pur non conducendo direttamente sperimentazioni il Settore Fitosanitario in questi anni ha avuto un ruolo di coordinamento raccogliendo le richieste del territorio e cercando di orientare la ricerca degli istituti di ricerca. In questi anni è stato fatto molto e in diverse direzioni ma purtroppo i risultati non hanno per ora avuto risvolti pratici o risolutivi.
Il Settore Fitosanitario ha il ruolo istituzionale di gestire un’emergenza su un vasto territorio e, dovendo applicare specifiche normative, deve muoversi su certezze e non su ipotesi dando diffusione delle informazioni che si basano su prove che siano state ripetute e validate.
Lo scafoideo ha preferenze alimentari?
“Abbiamo effettuato uno studio in laboratorio su barbatelle in vaso di vitigni Barbera, Nebbiolo, Chardonnay e Moscato bianco e non è stata dimostrata alcuna preferenza da parte dei giovani e degli adulti di S. titanus per nessuno dei quattro vitigni oggetto d’indagine”.
Ci sono altri vettori?
“Numerosi sono stati i campionamenti di altre specie di cicaline in diversi vigneti con presenza di FD e ridotte popolazioni di S. titanus. Segnalo a tal proposito la possibilità da parte della Dictyophara europaea come ampelofago occasionale e capace di trasmettere il fitoplasma agente della FD dalla clematide (Clematis vitalba) alla vite in condizioni di laboratorio. Così per l’Orientus ishidae (Cicadellidae) (altamente polifago, legato a numerose latifoglie arboree: nocciolo, drupacee, pomacee e salicacee), specie associata in Slovenia al fitoplasma agente di FD”.
Gli adulti di Scaphoideus titanus possono spostarsi dalla vite inselvatichita presente negli incolti ai vigneti coltivati?
“Per alcuni esemplari è stata dimostrata la possibilità di spostarsi anche a distanze superiori a 300 metri”.
Gli incolti sono una sicura fonte di infestazione, il grado di pericolosità dipende dalla conformazione e dalla distanza dal vigneto.
Scaphoideus titanus può acquisire il fitoplasma agente della Flavescenza dorata dalle viti inselvatichite negli incolti?
“Ninfe di S. titanus allevate in laboratorio da uova sono state messe su tralci di vite americana inselvatichita colpiti da FD (infezione confermata da diagnosi molecolare) presenti in alcuni incolti (manicotto di rete per l’acquisizione). Dopo una settimana i giovani sono stati rimossi e trasferiti in laboratorio su una vite sana (latenza) e dopo un mese gli adulti sono stati sottoposti a estrazione del DNA totale e PCR per identificare i fitoplasmi. L’analisi molecolare ha dato esito positivo, confermando da una parte la capacità di S. titanus di acquisire i fitoplasmi, e dall’altra il fatto che i portainnesti inselvatichiti presenti negli incolti possono rappresentare una fonte di inoculo di FD.
E’ dimostrato che sulle viti inselvatichite asintomatiche lo scafoideo acquisisce il fitoplasma”.
I vitigni coltivati in Piemonte hanno una diversa sensibilità alla flavescenza dorata (FD): perché?
“L’intensità della manifestazione dei sintomi primaverili e estivi non dipende dalla concentrazione del fitoplasma nella pianta infetta. L’espressione del sintomo è legata alla situazione fisiologica della pianta ed a differenze tra i vitigni. Il titolo del fitoplasma della FD era maggiore nelle viti della cv Barbera rispetto a quelle di Nebbiolo e comunque con un notevole aumento nel corso della stagione vegetativa in Barbera. Questo dato può avere variazioni da un anno all’altro e necessita di ulteriori approfondimenti”.
Quali sono i meccanismi di infezione e trasmissione dei fitoplasmi e i meccanismi di risposta all’infezione da parte della pianta?
“Le funzioni degli organismi viventi dipendono dai loro geni ma a livello molecolare i giochi si svolgono soprattutto a livello delle proteine. Abbiamo effettuato un’analisi comparativa del profilo delle proteine totali di viti sane ed infette dal fitoplasma della FD. Analizzate viti sane ed infette dal fitoplasma della FD si è rilevato che ci sono proteine sovra o sotto-espresse nella pianta malata rispetto alla sana. Tali proteine sono state identificate ed è stata individuata la loro possibile funzione biologica. Nella nostra attività di studio e di ricerca le viti su cui si verificano analiticamente le citate caratteristiche metaboliche diverse sono state moltiplicate per verificare se queste caratteristiche vengono mantenute nella progenie. Il risultato è stato che le piante sane hanno una maggior produzione del perossido di idrogeno (molecola segnale nei meccanismi di difesa) che non viene degradato. Questa produzione non è molto alta nella progenie ma si mantengono sovra espressi i geni precursori della produzione del perossido”.
Quale il comportamento di reazione all’infezione differenti tra viti infette, “recovered” e sane di Barbera e Nebbiolo?
“In seguito all’infezione dal fitoplasma della FD c’è un’alterazione dei processi metabolici dei flavonoidi totali in entrambe le cultivar: in Barbera, sia da un punto di vista biochimico che genetico, la risposta è molto intensa e marcata, raggiungendo il suo picco ad agosto; in Nebbiolo la risposta è più limitata e graduale, raggiungendo il picco a luglio. In Barbera si assiste ad un drastico aumento delle antocianine, che non avviene in Nebbiolo.
Le foglie di Nebbiolo sane, presentano una concentrazione tannica maggiore di quelle del Barbera, in particolare a inizio stagione. Le piante recovered si comportano tendenzialmente come le sane. Sarà utile approfondire la via metabolica dei flavonoidi, visto il possibile ruolo dei tannini nell’interazione vite-insetto vettore. I tannini vengono accumulati in diversi tessuti delle piante vascolari con lo scopo di proteggerle dall’attacco di fitofagi, si aprono ipotesi di studio e di applicazione pratica”.
Il Servizio Fitosanitario regionale si è speso molto in questi anni, anche nell’indirizzare l’utilizzo della termoterapia in acqua calda, come prevenzione per la diffusione dei fitoplasmi tramite la pratica vivaistica. Vuole illustrarci questa attività?
“E’ dimostrata l’efficacia risanante del trattamento a 50°Cx45’ su materiale di moltiplicazione infetto:
-in condizione controllate efficacia del 100% su talee non innestate, con una trasmissibilità nel testimone dell’8%; – in pieno campo su barbatelle innestate efficacia dell’88%, con una trasmissibilità nel testimone dello 0,8%). Dimostrata l’idoneità del trattamento a 50°Cx45’ sia sul materiale di moltiplicazione prima dell’innesto sia sulle barbatelle innestate prima della commercializzazione.
La diversa durata di frigoconservazione in relazione al momento del termotrattamento in acqua è risultata ininfluente sulla resa vivaistica finale. La termoterapia ha causato una riduzione del contenuto in glucidi solubili ed un ritardo nel germogliamento a 8 giorni nella cv Barbera, mentre per il Nebbiolo le differenze non sono apprezzabili. I dati raccolti in vivaio negli anni di sperimentazione hanno sempre mostrato come l’iniziale ritardo del materiale trattato venga rapidamente recuperato con l’avanzare della stagione”.