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Cia Piemonte: chiarezza sulla polvere di latte


Su alcune testate nazionali e anche su alcune televisioni specializzate si parla da tempo di un diktat della Ue che imporrebbe all’Italia la produzione di formaggio con latte in polvere. Coldiretti e Slow Food sono sul piede di guerra da qualche mese. Slow Food ha lanciato una petizione nazionale contro “l’imposizione” della Ue.
Ma davvero l’Unione europea vuole imporci la produzione di formaggio con latte in polvere? La risposta è: no. Vuole invece che il nostro Paese tolga il divieto alla produzione di formaggio con latte in polvere, come stabilito da una vecchia legge del 1974. Tra togliere il divieto ed imporre l’uso del latte in polvere c’è molta differenza.
Non solo nessuno sarà obbligato a produrre il formaggio con il latte in polvere, ma i formaggi dop, igp ed stg non corrono alcun pericolo. Come ha ricordato anche il ministro Martina, la produzione dei formaggi tipici è già protetta da una normativa della Commissione Europea che proibisce l’utilizzo di “materie prime diverse da quelle previste dai disciplinari” (cioè di latte in polvere).
Questa storia ha avuto inizio nel 2013, quando l’europarlamentare leghista Oreste Rossi interrogo’ la Commissione europea sul divieto imposto da una legge italiana del 1974 che proibisce per l’appunto la produzione di formaggi con latte in polvere.
Perché Rossi ce l’aveva tanto con questa legge? Soprattutto perché procurava ingenti danni economici alle aziende italiane che producevano yogurt. Al vaglio della Commissione, l’interrogazione di Rossi ha prodotto i suoi risultati: il governo italiano ha ricevuto una lettera di costituzione in mora da parte della Commissione Ue che chiede di eliminare la regola che vieta la produzione dei formaggi con latte in polvere.
La “lettera di messa in mora” è il meccanismo “iniziale” con cui la Commissione contesta a un dato Stato la violazione di alcune norme europee e dà solitamente due mesi di tempo per rispondere alle contestazioni. Nel caso del latte in polvere la Commissione Ue ha prorogato al 29 settembre 2015 i termini della risposta italiana.
Se uno Stato decide di non adeguarsi alle direttive della Commissione, la questione viene risolta dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee: le infrazioni, cioè le multe in denaro, vengono attivate solo nel momento in cui un Paese non rispetta una sentenza della Corte di Giustizia sulla vicenda (al momento l’Italia ha 98 procedure d’infrazione pendenti con la Commissione Europea, circa la metà delle quali ancora allo stadio della “messa in mora”).
Se l’Italia eliminasse la regola che ancora oggi vieta l’uso del latte in polvere, significherebbe che accanto ai tradizionali processi di produzione, si affiancherebbero anche altri processi meno tradizionali che per altro già esistono in Paesi dove il formaggio è un’istituzione, come Belgio e Francia, i quali esportano i loro formaggi ed i loro yogurt anche in Italia. Su questo punto è forse molto più importante battersi.
Per quanto riguarda il contenuto della lettera di messa in mora, il ministro Martina in un comunicato stampa ha spostato la questione dal problema del latte in polvere a quello delle etichette e della “trasparenza delle informazioni da dare ai consumatori”. Al consumatore deve essere data la possibilità di scegliere attraverso la lettura dell’etichetta. Quest’ultima dovrà indicare quali formaggi sono stati realizzati solo con il latte e quali con l’aggiunta di latte in polvere.
In tutto questo caotico flusso di informazioni, spuntano diversi elementi di riflessione: il primo è che i media non sempre sanno fare il proprio lavoro e talvolta forniscono informazioni non corrette. Il secondo è che l’Europa comincia a essere pericolosamente vista come il Grande Fratello che ordina e comanda. Il terzo è che manca chiarezza su argomenti delicati che invece dovrebbero essere di dominio pubblico, essendo i consumatori i principali protagonisti di una scelta così importante.

(Fonte: Cia Piemonte)