Frutta, prezzi shock delle drupacee in Emilia Romagna: pesche e nettarine in caduta libera, susine e albicocche in ribasso
«Non è solo un rischio. Le aziende frutticole della regione abbandoneranno presto la produzione se non diamo loro un fattivo supporto».
L’allarme arriva dal vice-presidente dei frutticoltori di Confagricoltura Emilia Romagna, Nicola Servadei. Il bilancio di mezza estate di un produttore di pesche e nettarine si chiude quest’anno con una perdita media del 30-40%. «In un anno i prezzi delle pesche – tratteggia il frutticoltore faentino – si sono pressoché dimezzati passando da 45-60 a 20-28 centesimi al chilo mentre quelli delle nettarine da 47-60 a 30-38 centesimi, con costi di produzione non inferiori a 60 cent al chilo».
Allo scenario piuttosto nero bisogna aggiungere anche il calo della produzione lorda vendibile dovuto ai danni da cimice asiatica e batteriosi oltre che agli effetti di eventi meteorologici eccezionali quali grandinate e trombe d’aria (uno scarto di produzione stimato all’incirca tra il 20 e il 25 per cento). Quasi un terzo della produzione italiana di pesche e nettarine proviene dall’Emilia-Romagna, ma il trend quantitativo è in caduta libera da almeno due anni. Nel 2018 la produzione regionale di pesche è stata di 103.600 tonnellate (- 11,5% sul 2017); quella delle nettarine di 168.200 tonnellate (- 5,2%).
«Una crisi di mercato senza precedenti che richiede immediate misure d’emergenza (tra cui la sospensione dei mutui; la sospensione del pagamento dei contributi Inps oltre a sgravi previdenziali e fiscali); che invoca correttivi ai piani produttivi e alla programmazione dell’offerta. In sintesi, non è più prorogabile l’attuazione di un piano frutticolo nazionale suddiviso per comparto e areale. È sempre più costoso e difficile puntare sulla frutticoltura di qualità a causa soprattutto dei cambiamenti climatici (aumento di fitopatie e insetti killer), eppure sembra essere l’unica via d’uscita. Infatti chi è riuscito a produrre nettarine del calibro “AA” ha spuntato quotazioni di gran lunga superiori pari a 62-70 cent/chilo», spiega Servadei.
Hanno subito sostanziali ribassi pure i prezzi delle albicocche e delle susine. Le prime sono scese nell’anno da 70 a 50-60 cent/chilo e le seconde da 33-48 a 20-30 cent/chilo.
Intanto ci si prepara a contare i danni delle eccessive piogge di maggio anche sulle produzioni di kiwi. È previsto un calo di rese e un calibro inferiore del frutto che sono da attribuire alla scarsa impollinazione nella fase di fioritura.
I numeri del settore ortofrutticolo dell’Emilia-Romagna parlano di 20.000 aziende attive sul territorio e di 200.000 addetti impiegati nell’aggregato agroindustriale; una superficie totale di 104.000 ettari (il 10% della Sau regionale); una PLV di 1.151 miliardi di euro pari al 25% della PLV agricola regionale (4.800 M€) e che rappresenta il 12% della PLV ortofrutticola nazionale. L’Emilia-Romagna è il terzo produttore nazionale, in valore. Si distingue inoltre per l’elevato numero di prodotti a denominazione d’origine, che in tutto sono 11 (9 IGP e 2 DOP).
L’agricoltura in Emilia Romagna è l’unico settore che ha registrato una riduzione degli occupati (70.273 nel 2018 – fonte Unioncamere ER), in calo dell’8,8% rispetto all’anno precedente.