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In Italia continua ad aumentare l’importazione di mais, come uscire da una crisi che sembra senza fine


Nel corso del 2017 sono stati coltivati a mais 650 mila ettari con una produzione complessiva di sei milioni di tonnellate. Per coprire il fabbisogno interno abbiamo dovuto ricorrere all’importazione di 6,7 milioni di tonnellate, pari al 53%del fabbisogno nazionale. Considerando che nei primi anni duemila eravamo autosufficienti, è stato fatto un bel passo indietro. Siamo di fronte ad un deficit economico di 1,2 miliardi, tale è il valore del mais importato.

Le ragioni della crisi della maidicoltura sono molteplici, ma le principali sono da ascrivere ai mercati, le cui quotazioni nazionali e internazionali rendono difficile fare quadrare i conti colturali; agli aspetti sanitari con il rischio aflatossine; ai costi di produzione in costante crescita ed alla impossibilità per il nostro Paese di poter ricorrere alle biotecnologie innovative.

La progressiva riduzione della produzione nazionale di mais e l’aumento della dipendenza dall’estero rischiano di mettere in difficoltà il nostro sistema agroalimentare: il mais è una materia prima strategica per la nostra zootecnia e per le produzioni alimentari che ne derivano, ivi comprese tutte quelle di eccellenza che caratterizzano il made in Italy alimentare.

Ad oggi non ci sono alternative credibili al mais. Occorre pertanto rilanciare la coltura predisponendo un piano maidicolo nazionale, ad oggi inesistente. A partire dalla promozione e dal sostegno alle innovazioni nel campo delle applicazioni genetiche, dell’agricoltura di precisione, dei sistemi irrigui, della difesa e delle lavorazioni. Tutto per aumentare rese e sanità del prodotto e di conseguenza la redditività della coltura.

La scelta di un’agricoltura ogm free, fatta dall’Italia, può essere un valore aggiunto alla distintività della nostra offerta agroalimentare in ragione delle nostre peculiarità e della nostra storia, ma se vogliamo che i nostri produttori non guardino con invidia e frustrazione al mais ogm, si deve garantire loro un reddito adeguato. Gli agricoltori pretendono giustamente che il loro mais ogm free venga pagato qualcosa in più.

Un modo per salvaguardare chi produce mais ogm free sarebbe quello di imporre che non solo i prodotti che contengono ogm, ma anche gli alimenti nella cui filiera produttiva entrano gli ogm, pur in assenza delle relative tracce, siano tenuti a far figurare sull’etichetta la dicitura che per la loro produzione sono stati utilizzati organismi geneticamente modificati. Solo così la scelta dell’ogm free acquisterebbe un valore ed un significato precisi, e garantirebbe un po’ più di reddito agli agricoltori che sono costretti a rinunciare a coltivare gli ogm.

 

(Fonte: Cia Piemonte)