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Vendita al dettaglio di prodotti agricoli e alimentari, come funziona il corretto inquadramento previdenziale


L’INPS si è recentemente espresso, per mezzo della Circolare n. 76 del 22 maggio 2019, in merito al corretto inquadramento previdenziale da applicarsi agli agricoltori in determinate situazioni di vendita al dettaglio di prodotti agricoli e alimentari.

Innanzitutto, è bene precisare che, come riportato dalla Circolare in questione, “l’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, dispone che gli imprenditori agricoli, singoli o associati, iscritti nel registro delle imprese di cui all’articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità”.

Tale disposizione normativa va letta in concomitanza con una successiva modifica che è stata introdotta, la quale recita che “fermo restando quanto previsto al comma 1, anche per l’osservanza delle disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità, i medesimi soggetti di cui al comma 1 possono altresì vendere direttamente al dettaglio in tutto il territorio della Repubblica i prodotti agricoli e alimentari, appartenenti ad uno o più comparti agronomici diversi da quelli dei prodotti della propria azienda, purché direttamente acquistati da altri imprenditori agricoli. Il fatturato derivante dalla vendita dei prodotti provenienti dalle rispettive aziende deve essere prevalente rispetto al fatturato proveniente dal totale dei prodotti acquistati da altri imprenditori agricoli”.

Si tratta di due passaggi normativi estremamente importanti, in quanto consentono di cogliere una certa libertà imprenditoriale che il legislatore ha voluto attribuire agli imprenditori agricoli, poiché viene consentito loro di vendere direttamente al dettaglio i prodotti di produzione propria godendo di una serie di semplificazioni in termini autorizzativi e, non meno importante, di vendere anche prodotti agricoli non di produzione propria, a determinate condizioni. In tal modo, gli imprenditori agricoli vengono messi in condizione di poter ampliare la propria offerta, sia in termini quantitativi, sia in termini qualità, per esempio potendo offrire prodotti di comparti diversi.

La norma, però, dispone anche dei limiti, nel momento in cui precisa che gli imprenditori agricoli possono vendere prodotti agricoli anche acquistati da terzi: i loro fornitori, infatti, devono essere a loro volta imprenditori agricoli, pertanto non deve esserci una fase di intermediazione, e il fatturato derivante dalla vendita dei prodotti propri aziendali deve essere maggiore rispetto al fatturato derivante dalla vendita dei prodotti acquistati presso altri imprenditori agricoli.

In merito a ciò, anche l’INPS si è espresso, al fine di chiarire il corretto inquadramento previdenziale di tali imprenditori agricoli, alla luce delle modifiche normative di cui sopra. Il parere dell’INPS è che, se vengono rispettate le condizioni dettate dalla normativa, non vengono meno i requisiti per la definizione agricola dell’azienda. Questo chiarimento è rilevante, in quanto consente di comprendere meglio come inquadrare dal punto di vista dei contributi INPS un soggetto che, di fatto, non svolge esclusivamente attività agricola pura, ma può ampliare il proprio raggio d’azione.

 

Angelo Pasero, Agrieuro (Savigliano)