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Uve Moscato, perplessità e proposte sulle rese


L’assessore regionale all’Agricoltura, Giorgio Ferrero, i vertici consortili guidati dal direttore, Giorgio Bosticco, rappresentanti di parte industriale, parte agricola, imbottigliatori, cantine sociali e moscatisti si sono incontrati in Regione per discutere della situazione del comparto e soprattutto di rese.

E’ stata avanzata la proposta di una resa di 80 quintali per ettaro sia per le uve Moscato atte ad Asti docg, sia per quelle atte a Moscato d’Asti docg, a differenza dello scorso anno quando le rese furono invece differenziate: rispettivamente 78 e 90 quintali.

LA POSIZIONE DELLA CIA

"Prendiamo atto della proposta di ’80 e 80’ – ha dichiarato il vice presidente regionale della Cia Gabriele Carenini -. La valuteremo con i nostri produttori e con le imprese che producono in proprio il Moscato d’Asti docg, i cosiddetti moscatisti, molto perplessi riguardo alla riduzione della resa da 90 a 80 quintali, dal momento che il Moscato d’Asti docg ha avuto in questi ultimi anni sul mercato un trend costante di crescita. Non c’è comunque ancora nulla di definitivo".

"C’è poi da chiarire la tempistica dei pagamenti – ha aggiunto Carenini -. Da una parte ci sono alcune aziende che vorrebbero dilazionare i pagamenti dei mosti alle cantine sociali che le riforniscono, dall’altra ci sono le cantine sociali che temono ripercussioni sui loro bilanci nel caso debbano pagare i produttori prima di aver ottenuto il saldo dalla industrie. In mezzo ci sono i vignaioli che hanno diritto a un reddito dignitoso".

E’ stata fatta anche l’ipotesi di un 10 quintali di blocage/deblocage – cioè la quota di prodotto non compreso dalla docg che può essere sbloccato a docg più avanti se lo richiede il mercato – che per la parte agricola può essere accettabile solo a fronte della garanzia del ritiro totale delle uve da parte dell’industria.

Di tutto, compreso il prezzo delle uve, si parlerà nei prossimi giorni, a fine luglio e agli inizi di agosto.

"L’Asti docg ed il Moscato d’Asti docg sono due prodotti strategici per il Piemonte – ha concluso Carenini -. Il Moscato d’Asti docg nel 2016 ha confermato la crescita ed è un bene. L’Asti docg ha arrestato la caduta di vendite, ma l’arretramento rispetto a cinque anni, quando si vendevano 85 milioni di pezzi solo di Asti, è notevole. L’Asti Secco potrebbe dare un contributo a rivitalizzare il mercato. Il comparto, che dà lavoro a 4.000 famiglie, necessita di nuove spinte e stabilità per affrontare la complessità di un mercato in continua evoluzione. Come Cia del Piemonte continueremo a lavorare affinchè ai produttori sia garantito un giusto reddito".

COSA NE PENSA COLDIRETTI

"Il comparto necessita sicuramente di un accordo di filiera – spiega Roberto Cabiale vicepresidente di Coldiretti Piemonte con delega al settore vitivinicolo –; nutriamo, però, dei dubbi circa gli estremi dell’accordo presentato in Regione soprattutto relativamente alla situazione che potrebbe generarsi per le imprese che producono e vinificano le proprie uve Moscato d’Asti. Nei confronti di questi ultimi, infatti, ci sarebbe in previsione una diminuzione sostanziale di resa rispetto allo scorso anno. Non è accettabile una riduzione di prodotto che, invece, sul mercato non ha mai perso quote ed, anzi, ha avuto sempre un trend costante di crescita. A tal proposito, chiediamo che si trovino al più presto le formule idonee per far sì che le nostre imprese non siano penalizzate".

"Il Moscato, in Piemonte, è coltivato su una superficie di circa 10 mila ettari con un fatturato che sfiora quasi i 400 milioni. Numeri che fanno emergere l’importanza economica della filiera del Moscato, prodotto che ha una enorme capacità di penetrazione sui mercati internazionali – sottolineano Delia Revelli presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa delegato confederale –. Continuiamo, quindi, a lavorare affinchè i nostri produttori possano vedere giustamente remunerato il loro prodotto, apprezzato in tutto il mondo e simbolo del Made in Italy".