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Una famiglia su tre mangia meno frutta


Fa bene alla salute, è varia, colorata, di qualità. Eppure, con la crisi, gli italiani hanno deciso di “tagliare” proprio l’ortofrutta. Nell’ultimo anno una famiglia su tre ha alleggerito il carrello alimentare, riducendo soprattutto gli acquisti di frutta e verdura. Colpa dei prezzi al consumo troppo variabili, dell’educazione a una sana alimentazione non ancora radicata, della minore capacità di spesa, che induce a considerare la frutta un lusso e a comprare cibi dal basso costo ma dall’elevato contenuto calorico. E’ quanto emerge da un’analisi di Confagricoltura, Cia, Fedagri-Confcooperative, Legacoop Agroalimentare e Agci-Agrital, presentata in occasione di Macfrut 2012. Così, l’anno scorso, ogni famiglia ha acquistato 5 chili in meno di frutta, 3 chili in meno di verdura e 1 chilo in meno di ortaggi surgelati, portando a un calo complessivo dei quantitativi del 2,6% tendenziale, per un totale di 8,3 milioni di tonnellate. La crisi del consumo di ortofrutta parte però da più lontano: in undici anni, infatti, gli acquisti sono diminuiti del 23%, passando dai 450 chili a famiglia del 2000, ai 347 chili del 2011. In poco più di un decennio, si sono quindi persi per strada oltre 100 chili per nucleo famigliare, con conseguenze dirette sulla dieta degli italiani e soprattutto sui redditi dei produttori. Oggi la spesa annua per l’ortofrutta si attesta mediamente sopra i 13 miliardi e i prezzi al consumo, anche con i consumi in discesa, aumentano anziché diminuire (+5,8% la frutta e +4,8% i vegetali freschi in termini tendenziali ad agosto, ultimo dato disponibile), con il risultato che gli agricoltori non ne traggono alcun vantaggio. L’ortofrutticoltura rappresenta circa un terzo dell’intera Plv agricola del Paese e, con una produzione di circa 35 milioni di tonnellate l’anno, l’Italia si contende con la Spagna l’appellativo di “orto d’Europa”. Eppure, nonostante il rilievo quali-quantitativo a livello internazionale, il comparto mostra i segni di una strutturale perdita di competitività, che si evidenzia nell’incapacità di intercettare la domanda proveniente dai nuovi bacini di consumo. L’export di frutta e verdura, compresa l’ortofrutta trasformata, vale 6,7 miliardi di euro l’anno, ma considerato che entro i confini nazionali si consuma meno del 25% di quel che si produce, è evidente che bisogna orientarsi verso un forte incremento della capacità di esportazione. Per farlo, occorre agire sulla frammentazione delle componenti della filiera, sulla forte polverizzazione dei soggetti e sulla mancanza di innovazione. E’ evidente che oggi il settore ha bisogno di un vero piano di ristrutturazione che si fondi su una visione strategica, in grado di dare impulso ad una maggiore aggregazione dell’offerta ortofrutticola, intervenire sulle dimensioni di impresa per un processo di riorganizzazione a tutti i livelli, promuovere coerenti e rinnovate politiche nazionali ed europee, guidare i processi di internazionalizzazione che aiutino le imprese a varcare i confini e valorizzino la qualità e la salubrità del made in Italy ortofrutticolo. Bisogna poi lavorare sulla domanda interna, cercando di recuperare quel calo dei consumi di ortofrutta ampliato dalla crisi economica, ma che dipende molto anche dalle cattive abitudini alimentari dei più giovani. E’ necessario frenare il progressivo abbandono dei principi della dieta mediterranea a favore del consumo di “junk food” da parte dei più piccoli e investire di più su una cultura alimentare che privilegi l’ortofrutta, in un’ottica di prevenzione e tutela della salute. D’altronde, nel nostro Paese, i costi sociali dell’obesità toccano i 65 miliardi di euro l’anno e, purtroppo, circa il 12% dei bambini è obeso e, nella fascia d’età compresa tra i 6 e gli 11 anni, ben uno su tre è in sovrappeso. Per tutti questi motivi, diventa chiaro che occorre incoraggiare, sostenere e promuovere un’alimentazione sana e corretta, con campagne ad hoc di informazione ed educazione, come “frutta nelle scuole”, estendendo il modello anche alle famiglie e puntando sull’appeal di quegli ortofrutticoli che già oggi regnano incontrastati sulle tavole degli italiani: la mela (825 mila tonnellate vendute), l’arancia (605 mila), la patata (722 mila) e il pomodoro (575 mila).