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Tavolo del latte piemontese, parla Franco Biraghi: “Ecco perchè è sbagliato valorizzare troppo il grasso e penalizzare le proteine”


Tirato in ballo dal coordinatore dell’associazione di allevatori “Noi siamo Voi” Paolo Druetta (vedasi qui l’intervento pubblicato da terraoggi.it), l’industriale Franco Biraghi replica alle osservazioni che lo vorrebbero isolato e non rappresentativo della categoria, rilanciando le ragioni per le quali non ritiene accettabile la proposta di uniformare le tabelle della qualità piemontesi.

Presidente Biraghi, come risponde a chi insinua che lei al tavolo del latte piemontese parlerebbe solo per sé stesso?

«Quest’anno sono 60 anni che  lavoro, rappresento la quinta generazione di una famiglia che da sempre opera in questo campo… Sono il presidente della Sezione Alimentari di Confindustria Cuneo e il presidente della Commissione Agroalimentare di Confindustria Piemonte, oltre che il fondatore della Valgrana Spa di Scarnafigi. Ritengo di poter rappresentare, con il dottor Forino, direttore di Assolatte, i caseifici iscritti a Confindustria  e all’Associazione Lattiero Casearia Italiana, anche perché non ho mai preso decisioni che coinvolgono altri senza averli prima consultarli. Semmai c’è da domandarsi chi rappresenti Druetta e quali effettive esperienze lavorative e professionali abbia maturato nell’ambito della lavorazione del latte, dei formaggi e della loro valorizzazione per essere così sicuro che solo la tabella qualità da lui proposta sia la migliore e che quindi tutti la debbano adottare. A me risulta che Druetta svolga l’attività di venditore di mangimi e che tra i suoi “amici” nessuno venda latte alla Valgrana, caseificio di cui sono presidente e legale rappresentante».

Nel merito, cosa ne pensa della proposta di uniformare la tabella della  qualità, applicandola a tutti?

«Credo che questa tabella qualità, che il nuovo “messia degli allevatori”, con un atto di “estrema democrazia”, vorrebbe imporre dall’alto ad allevatori e caseifici, sia estremamente pericolosa e dannosa per la futura valorizzazione del latte piemontese e per i produttori».

Perché?

«Va detto che in Europa vi sono due modi differenti di utilizzo del latte: quello dei paesi produttori di formaggi tipici e Dop – spiega Franco Biraghi – e quello delle grandi cooperative del Nord Europa che producono principalmente latte UHT, polvere di latte, burro, formaggi industriali, da fusione e cagliate. L’Italia, da sempre, ha valorizzato il latte meglio degli altri, in virtù della sua tradizionale produzione di formaggi di qualità. Tuttavia, per continuare a raggiungere questo obiettivo, serve un latte prodotto da vacche allevate con un  consapevole uso dei medicinali, che abbia un alto contenuto di proteine e poche spore; la parte grassa in eccesso è un sottoprodotto, ossia quanto avanza dalla standardizzazione del latte e dalla scrematura del siero».

Perché’ non si può trovare una quadra sulla tabella qualità?

«Se paghiamo il grasso più di quanto vale e le proteine meno del loro reale valore, spingiamo gli allevatori a selezionare il bestiame per produrre un latte più adatto alla trasformazione in prodotti industriali, ma di minor pregio perché meno adatto a produrre formaggi di qualità. A chi giova, quindi, spingere verso una produzione di latte con un tenore di grasso molto alto, trascurando le proteine? Sicuramente non al produttore, sicuramente non al caseificio ma, forse, ai rivenditori di mangime che così possono vendere integratori a caro prezzo».

Il prezzo quindi non si gioca solo sul grasso?

«Druetta forse non ha capito, o non vuole capire, che il prezzo del latte e la tabella qualità sono due cose diverse e ben distinte: la qualità da produrre deve essere una qualità vera, utile e non solo di carta e deve essere propedeutica  alla produzione  di formaggi e di latte fresco realmente di elevata qualità, mentre il prezzo pagato deve essere in linea con le caratteristiche “reali” del latte consegnato. Finché il mondo non cambia, la strada maestra resta quella di puntare sulla qualità “vera”, perché le “furbate”, alla lunga, non hanno mai pagato».

 

(Nella foto: Franco Biraghi)