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“Sugli Ogm siamo europeisti a giorni alterni”


Non ci sono più scuse: il decreto legge del 24 giugno 2014, n. 91 ha finalmente previsto le sanzioni a carico dei trasgressori. E’ quanto afferma, esultando, la Coldiretti nel sottolineare che da ora in poi, chi intende seminare mais biotech in violazione delle norme che ne vietano la coltivazione, deve sapere che potrà andare incontro alla reclusione da sei mesi a tre anni e potrà essere sanzionato con una multa che può arrivare anche a trentamila euro.
La Cia è per il rispetto delle leggi, ma il primo a rispettarle dovrebbe essere il Governo italiano, che invece vara in continuazione provvedimenti sugli ogm in contrasto con le norme comunitarie, ignorando quello che uno studente di giurispudenza al primo anno deve sapere per non essere bocciato all’esame, ovvero il principio del primato del diritto comunitario, che si sostanzia nella prevalenza di quest’ultimo sulle norme nazionali con esso contrastanti.
Il primato è sancita dall’articolo 10 della Convenzione Europea che l’Italia ha sottoscritto: “La Costituzione e il diritto adottato dalle istituzioni dell’Unione nell’esercizio delle competenze a questa attribuite hanno prevalenza sul diritto degli Stati membri”. L’art. 11 della Costituzione italiana ammette che la Repubblica possa accettare limitazioni alla sovranità per l’adesione a organismi sovranazioanli. La Corte Costituzionale ha più volte ribadito la legittimità di tale rapporto fra gli ordinamenti.
Le regole sulla coltivazione e l’importazione degli ogm sono stabilite dall’Ue e valgono per tutti gli Stati membri. E’ possibile che in un prossimo futuro ad ogni singolo Stato membro sia concessa la libertà di decidere se autorizzare o meno la coltivazione del mais biotech, ma per ora si tratta soltanto una proposta del Consiglio Ue, non ancora diventata norma.
La sentenza del 6 settembre 2012 della IV sezione della Corte di Giustizia Europea ribadisce in modo chiaro che: “allo stato attuale del diritto dell’Unione, uno Stato membro non è libero di subordinare a un’autorizzazione nazionale, fondata su considerazioni di tutela della salute o dell’ambiente, la coltivazione di OGM autorizzati in virtù del regolamento n. 1829/2003 ed iscritti nel catalogo comune in applicazione della direttiva 2002/53”.
La normativa comunitaria esistente impedisce ad un Paese di dichiararsi ogm free e non ammette alcuna possibilità di vietare la coltivazione del mais biotech in base a motivazioni economiche o politiche. In forza del principio del primato del diritto europeo rispetto ai diritti nazionali e della sentenza della Corte costituzionale del 9 marzo 1978, secondo la quale il Giudice “ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme (europee), disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale”, il Tribunale civile di Pordenone ha mandato assolto l’imprenditore agricolo pordenonese Giorgio Fidenato dal reato di aver seminato reato mais biotech.
Il decreto n.279 del 22 novembre 2004, convertito in legge n. 5 del 28 gennaio 2005, imponeva alle Regioni, in ottemperanza alle disposizioni comunitarie, di adottare nel proprio territorio piani di coesistenza tra coltivazioni di mais biotech e mais convenzionale, ma le Regioni si sono ben guardate dal dare attuazione alla legge.
Siamo la patria del diritto, ma senza la certezza del diritto. Siamo europesti, ma a giorni alterni, a seconda del tornaconto del momento. In questa situazione molto confusa è meglio che i maidicoltori si astengano dal seminare mais biotech, per non incorrere in guai giudiziari o vedersi i propri campi distrutti da qualche gruppo di giustizieri della notte.
La giustificazione usata dalla Coldiretti, secondo la quale vietare la coltivazione del mais biotech sarebbe necessario per tutelare le produzione tipiche italiane, non regge e puzza di ipocrisia. E’ infatti stranoto che dietro quasi tutte le produzioni italiane tipiche ci sono gli ogm, a cominciare dai prodotti derivati da carne e latte (prosciutti, salumi e formaggi). Gli animali che forniscono la materia prima sono quasi tutti alimentati con mangimi a base di soia e mais biotech, ma i consumatori sono tenuti all’oscuro, perchè non c’è l’obbligo di indicarlo in etichetta.
Se gli ogm attentassero davvero alla tipicità dei prodotti italiani, si dovrebbe smettere di importarli. Se invece fosse la coltivazione a essere nociva, perché lasciamo il problema agli altri Paesi?
La Coldiretti dovrebbe anche spendere qualche parola per chiarire la sua posizione sulle problematiche che affliggono in questo momento il mais convenzionale coltivato nella pianura Padana, inquinato in larga parte dalle micotossine, per cui deve essere bruciato e sostituito nei mangimi con il mais d’importazione prevalentemente ogm(lo scorso anno l’Italia ha importato il 35% del suo fabbisogno di mais).
Un’Organizzazione agricola, quale che sia la sua posizione sulla coltivazione del mais biotech, dovrebbe affrontare il problema degli ogm in modo serio e razionale, e non rifugiarsi nella più banale e, ci sia permesso, sguaiata retorica anti ogm. Per quest’ultima bastano Mario Capanna e soci.

Lodovico Actis Perinetto, presidente Cia Piemonte