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“Solo uniti si può vincere la battaglia del latte”


Probabilmente gli oltre 50 cent raggiunti dal latte spot – il prodotto comprato e venduto sul mercato fuori dai contratti di fornitura annuali o semestrali – sono una fiammata temporanea. C’è chi spiega il prezzo di oltre 50 cent con il calo della produzione in Europa e in Italia e con il caso botulino che ha visto coinvolto il colosso neozelandese Fonterra, principale fornitore di latte in polvere alla Cina. Mercato dove oggi sono in particolare Francia e Germania a sopperire alla carenza di latte in polvere dovuta al blocco delle importazioni dalla Nuova Zelanda imposto dalla Cina.
Alcuni autorevoli economisti sono però dell’opinione che la domanda in crescita nei Paesi emergenti manterrà a lungo il prezzo del latte vicino ai 50 centesimi.
Logica vorrebbe che il positivo trend del prezzo del latte spot trovasse un riflesso nelle condizioni offerte dall’industria di trasformazione ai nostri allevatori. Ma ciò non accade e non si comprende come i caseifici e le industrie nazionali possano pagare prezzi estremamente alti per il latte proveniente dall’estero e non riconoscere la giusta remunerazione ai nostri produttori, mettendo a rischio la sopravvivenza dei nostri allevamenti che offrono un prodotto sicuro e di qualità.
Il prezzo del latte attualmente praticato in Piemonte non solo non è conforme alle condizioni del mercato, ma non copre neppure i costi di produzione. Inalpi, ad esempio, paga il latte, compreso il premio “welcome”, solamente 40,7 cent.
Il latte in questo momento è anche sotto attacco del “fattore F”, come spiega il sito web “Agronotizie”. Si tratta del prezzo dei foraggi, i cui listini sono saliti vertiginosamente, toccando quotazioni per l’erba medica vicine ai 200 euro alla tonnellata. Valori inimmaginabili (un anno fa, alla fine di agosto, il terzo taglio di medica era quotato 155 euro alla tonnellata), anche se l’andamento climatico e meteorologico di questa primavera e dell’estate lasciava presagire un innalzamento dei prezzi.
In pratica, è una voce di costo in più che si incide sui bilanci delle aziende zootecniche e che fa dire al professor Andrea Formigoni, docente di Nutrizione e alimentazione animale del dipartimento di Medicina veterinaria all’Università di Bologna: “Se non aumenta in maniera significativa il prezzo del latte, le tensioni sono destinate ad aumentare”.
Nessuna Organizzazione può però illudersi di riuscire a fronteggiare e risolvere la questione del prezzo del latte e dei rapporti fra allevatori ed industria di trasformazione in solitudine. La situazione è tale che, oggi più che mai, le rappresentanze del mondo agricolo dovrebbero sentire l’esigenza, se non l’obbligo, di avviare un’azione coordinata, rinunciando ad anacronistiche velleità di protagonismo, per salvaguardare i redditi dei produttori di latte che nel nostro territorio rappresentano ancora, nonostante tutto, baluardi di vitalità economica di tutto rispetto.
Le rappresentanze agricole non possono lasciar passare l’occasione offerta dall’attuale andamento del mercato del latte spot senza esplorare a fondo la possibilità di percorsi unitari per far contare di più i produttori nella filiera del latte e per garantire loro un futuro meno incerto del presente.
Roberto Ercole, presidente Cia Piemonte

(nella foto: Roberto Ercole)