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Se è vietato coltivare Ogm allora perchè li importiamo?


La politica italiana deve incominciare ad affrontare in modo serio e razionale i problemi veri della maidicoltura italiana e smetterla di crogiolarsi nell’ipocrisia.
Il fatto offensivo, per un’intelligenza media e un’onestà di fondo, è che i prodotti agricoli che importiamo derivano da 15 anni in larga parte da quei mitici e spaventosi organismi geneticamente modificati che in Italia è vietatissimo coltivare in campo e persino sperimentare all’aperto. Ma senza i milioni di tonnellate di derivati di ogm distribuiti come mangimi non esisterebbero i rinomati prodotti con marchi Dop ed Igp. L’accanimento contro la coltivazione del mais biotech senza bloccarne le importazioni rappresenta una assoluta mancanza di coerenza. Se in Italia non si può coltivare mais biotech, perché si consente di importarlo?
Mentre dai produttori si levano appelli per individuare sistemi che aumentino i loro redditi e coprano i costi di produzione, la politica risponde con leggi che prevedono persino il carcere per chi coltiva il mais biotech o con sceneggiate, come la distruzione dei campi di mais biotech in Friuli, che servono soltanto a deviare l’attenzione dell’opinione pubblica dai problemi reali e ad alimentare l’idea che i laboratori scientifici dove si studia il Dna non sono più i luoghi deputati a costruire materialmente il progresso, ma oscure caverne dove si fabbricano pericolosi Frankstein.
I nostri produttori chiedono che sia riconosciuto al mais ogm free un prezzo che tenga conto dei maggiori costi di produzione rispetto al mais biotech. Attualmente tutto il mais coltivato in Italia è ogm free, ma non spunta un centesimo in più rispetto a quello biotech di importazione. Chi produce il mais ogm free con costi più alti e rese minori se lo vede poi mischiato e venduto allo stesso prezzo di quello importato tutto ogm. Non esiste un solo disciplinare di produzione dei nostri prodotti alimentari del tanto decantato made in Italy (pensiamo a formaggi e salumi) che preveda l’ alimentazione del bestiame con cereali ogm free. Fino a quando si potranno ingannare agricoltori e consumatori?
I ripetuti pastrocchi legislativi in materia di ogm cui ci hanno abituato Governo e Parlamento e le pubbliche distruzioni (che costano parecchio ai cittadini) di qualche campo di mais in Friuli, accompagnate da grida di giubilo della Coldiretti e di ambientalisti che vivono di ideologia, ma non conoscono la fatica dei campi, sono il segno evidente che la politica politicante ha scelto la via più facile di compiacere un’opinione pubblica suggestionabile e poco informata, piuttosto che quella più difficile di intervenire con misure di politica agraria degne di tale nome.
La maidicoltura italiana rappresentava la cultura principe della nostra agricoltura, per la quale fino a dieci anni fa eravamo autosufficienti, ma da anni è in atto un netto calo della produzione che ci sta rendendo sempre più dipendenti dall’estero. Nel 2013 le importazioni di questo cereale si sono attestate al 37,5% della domanda totale, e non ci sono segnali che la situazione possa migliorare. Anzi, rischia di aggravarsi ulteriormente perché i prezzi dei cereali italiani per la campagna in corso vengono dati tutti in discesa.
Occorre attivare con urgenza alcune misure concrete a difesa delle produzioni cerealicole italiane che si possono riassumere in quattro punti:
a)la quotazione del mais nazionale ogm free nelle borse merci deve essere specifica e separata da quella del mais biotech;
b) i disciplinari di produzione dei prodotti dop ed igp devono prevedere il divieto assoluto di utilizzo nella fasi di allevamento di mangimi ogm;
c) va contingentata la vendita sul territorio italiano di granella e mangimi contenenti ogm;
d) i marchi della grande distribuzione non devono poter utilizzare in fase di pubblicità e promozione i termini “liberi da ogm” se cio’ non risulti tracciato specificatamente.
Si tratta di misure estreme, ma necessarie perché “Per un’Italia libera da ogm” non rimanga soltanto uno slogan vuoto.

Lodovico Actis Perinetto, presidente Cia Piemonte