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San Martino, il giorno della verità per i campi


La scadenza di San Martino (11 novembre) rappresenta da sempre la fine dell’annata agraria ed è quindi un’occasione per tracciare il bilancio dell’annata agricola appena conclusa. Si tratta di un primo bilancio, in attesa di dati più precisi.
Il clima è stato il protagonista indiscusso di questa annata agraria, caratterizzata non solo da un’estate con una piovosità superiore alla media, ma anche da grandinate e bombe d’acqua che hanno colpito a macchia di leopardo le coltivazioni, rovinando in molte aziende il raccolto di un intero anno di lavoro.
Per le intense piogge la produzione di mais è stata abbondante, senza che vi fosse bisogno di ricorrere all’irrigazione. Molte varietà di mais a ciclo medio e lungo presentano però notevoli problemi di fusariosi, con conseguente accumulo di micotossine che rendono una parte del prodotto non adatta al consumo umano o per l’alimentazione animale. Sempre relativamente al mais, le quotazioni hanno registrato forti cali. Ciò ha una valenza positiva per gli allevatori che lo usano come mangime, ma negativa per chi lo coltiva.
Anche il prezzo del grano ha fatto una notevole marcia indietro. Gli agricoltori negli ultimi due anni hanno infatti accumulato una perdita di circa 350 euro per ettaro coltivato.
Il comparto risicolo è invece stato danneggiato dalle massicce importazioni di riso cambogiano a dazio zero, la cui concorrenza risulta sempre più insostenibile per i nostri produttori.
La quantità di frutta raccolta è stata buona, ma pesche e nettarine hanno pagato un conto salato a causa della riduzione dei consumi, determinato dall’estate particolarmente fresca, e del blocco dell’export verso la Russia per i noti problemi politici. In calo invece la quantità di uva, ma di qualità molto migliore rispetto alle previsioni. Le piogge hanno però determinato un incremento degli interventi fitosanitari, a seguito dei quali sono aumentati i costi di produzione. Positivo invece l’andamento della campagna corilicola, con prezzi decisamente in crescita.
Molto critica la situazione del comparto del latte. Non solo il prezzo del latte alla stalla è diminuito di un paio di centesimi al litro rispetto all’anno precedente, ma l’incremento della produzione rende reale il rischio di “splafonamento” delle quote e delle conseguenti multe. In difficoltà anche le altre produzioni zootecniche, i bovini da carne in particolare. Insieme al calo dei prezzi di vendita che non consente più di coprire l’aumento dei costi di produzione, pesa sul comparto l’incertezza per il futuro determinata dalla nuova PAC che comporterà di certo una riduzione della integrazione di reddito. Il 2014 è stato un anno nero anche per gli apicoltori. La produzione di miele è crollata (si stima il 60% in meno rispetto all’anno scorso) ed è esplosa una nuova moria delle api.
Il mondo agricolo ha dovuto fare i conti nel 2014, come negli anni precedenti, con l’eccesso di burocrazia a causa di una molteplicità di leggi, tra le quali gli agricoltori sono in difficoltà a districarsi, e con un eccesso di controlli, attuati da troppi controllori che non operano in modo coordinato ed interagiscono negativamente con le attività aziendali.
Il 2014 è stato l’anno in cui la Regione ha provveduto alla stesura del nuovo PSR, attualmente all’esame della Commissione europea. L’impostazione del nuovo PSR non ha convinto fino in fondo la Cia, le cui indicazioni non sempre sono state tenute in considerazione. Il nostro auspicio è comunque che l’approvazione del programma da parte dell’Unione Europea non subisca ritardi, perché le imprese agricole hanno bisogno di poter contare al più presto su strumenti e risorse adeguate per far fronte alla necessità di innovazione e di competizione che il mercato richiede.

Gabriele Carenini, Cia Piemonte