Sezioni


Produrre noci in Piemonte nuova frontiera frutticola


La coltivazione del noce in Piemonte può essere una buona occasione di sviluppo?
Se n’è ampiamente discusso il 13 marzo nell’incontro formativo organizzato a Lagnasco da Assortofrutta, Confcooperative e Life Italia, in collaborazione con Mondagri coop.

OPPORTUNITA’ INTERESSANTE
Tre ore di dati, esperienze e proposte che non hanno mancato di suscitare l’attenzione dei frutticoltori, a cominciare dal presidente di Assortofrutta e Piemonte Asprofrut, Domenico Sacchetto, secondo cui si tratta di un’opportunità “certamente interessante”, soprattutto da valutare in chiave di filiera e di recupero di aree marginali. Sempre di filiera ha parlato in apertura di convegno l’assessore regionale all’Agricoltura del Piemonte, Claudio Sacchetto, richiamando l’importanza di stringere gli anelli di collegamento tra produzione e commercializzazione.

QUANTO RENDE
Sul piano tecnico, Cecilia Contessa dell’Università di Torino entrava nel dettaglio degli aspetti agronomici (fioritura, fruttificazione, avversità fitopatologiche, potatura, irrigazione, rese) e delle scelte varietali (cultivar francesi e californiane) del noce da frutto, tracciando anche delle valutazioni economiche basate sulle voci di spesa e ricavo degli impianti francesi e veneti: la produzione media vendibile di noci di varietà selezionate in piena produzione è di oltre 4 tonnellate per ettaro all’anno; negli ultimi cinque anni il prezzo pagato al produttore è oscillato tra 2 e 2,80 euro al chilogrammo, anche se questo dato è apparso sottodimensionato, in quanto nell’ultima stagione talune quotazioni hanno superato i 5 euro a chilogrammo; il prezzo del prodotto varia in funzione della qualità dei frutti, vengono penalizzate le noci con calibro piccolo e premiate quelle senza difetti, con gheriglio chiaro e calibri superiori ai 32 mm.; si calcola che il recupero economico dell’investimento iniziale e dei primi anni improduttivi venga raggiunto al nono anno, dopo 5 anni di produzione.

LO SPAZIO C’E’
Dall’Università di Bologna è intervenuto Moreno Toselli sulle esperienze di coltivazione del noce nel Nord Est, mentre Umberto Sacchi della Life Italia relazionava sul consumo della frutta a guscio nel mondo e in Italia: «Oggi in Italia la produzione di noci soddisfa meno del 20 per cento del fabbisogno nazionale – riferiva Sacchi -, la copertura della quota mancante è soddisfatta prevalentemente da paesi extra UE, in particolare da Stati Uniti, Cile, Argentina e Australia, mentre i principali fornitori europei sono Francia, e, ultimamente, Ucraina e Bulgaria».
Dunque, lo spazio c’è, come ha confermato Franco Olivieri di Coop. Italia, secondo il quale “le carte vincenti sono il rafforzamento della presenza di prodotto italiano in assortimento e la regionalizzazione dei prodotti”.

RECUPERARE IL TERRITORIO
Il progetto di espansione della produzione di noci entusiasma anche l’Università di scienze gastronomiche, che lo vede come “soluzione di recupero intelligente del territorio dismesso”, tra biodiversità, tutela dell’ambiente e rispetto della qualità delle produzioni e della salute.
Sul fronte della raccolta meccanica della frutta a guscio, un esempio di innovazione è stato proposto da Marco Crucicchi della Samac di Capranica (Viterbo), mentre la chiusura del convegno, moderato dal direttore del Centro di ricerca e sperimentazione ortofrutticola di Manta, Silvio Pellegrino, è stata affidata ad Alberto Manzo, funzionario del Ministero delle politiche agricole, che interveniva sui tratti distintivi del nuovo Piano nazionale per la frutta a guscio.