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Mercato nazionale del suino in crisi nel primo quadrimestre, le ragioni del tracollo e la storica apertura verso la Cina


L’inizio dell’anno è stato durissimo, una ripresa lieve si è vista ad aprile. Il prezzo medio registrato nel primo trimestre 2019 per i suini pesanti è risultato pari a euro 1,232/kg con una diminuzione rispetto al primo trimestre 2018 del 21,02%.

Diverso invece l’andamento delle quotazioni sulle principali piazze europee. A livello europeo le quotazioni medie dei suini da macello hanno registrato buoni andamenti tendenziali in quasi tutti i paesi europei ad eccezione del mercato danese, quello tedesco e quello italiano.

ANOMALIA ITALIANA

Le quotazioni medie del primo trimestre 2019, rispetto al medesimo trimestre 2018, hanno registrato le seguenti variazioni: Olanda +1,57%,  Francia +2,30%, Spagna +2,97%, mentre la Germania registra un lieve calo -0,35%, la Danimarca -4,77% e l’Italia -21,03%. Fa scalpore il crollo del mercato italiano che coincide con il suino pesante, gli altri paesi producono infatti un suino leggero.

La situazione del mercato italiano è leggermente migliorata nel mese di aprile evidenziando un prezzo medio pari a euro 1,272/kg, vale a dire +10,1% rispetto al mese di marzo 2019, ma non sufficiente per riportare i bilanci in positivo. Rispetto ad aprile 2018 si evidenzia un calo del 14,80%.

MACELLAZIONI SUINO PESANTE

Le macellazioni in Italia di suini pesanti appartenenti al circuito Parma – San Daniele, nel corso del primo quadrimestre (diciassette settimane), evidenzia un incremento del 10,04%. Si è passati infatti dalla macellazione di 2.286.082 suini del primo quadrimestre 2018 alla macellazione di 2.515.696 suini nel medesimo periodo 2019 (Elaborazione BMTI su dati MIPAAF).

Si è tutti alla ricerca delle motivazioni per cui il prezzo dei suini pesanti del circuito Parma – San Daniele sia così basso e rispetto al primo trimestre 2018 abbia perso oltre il 20,0%.

QUALCHE IPOTESI

La principale risposta è rappresentata dall’aumento della produzione: +3,5% nel corso del 2018, pari a 266.356 maiali in più, +10,04% nel corso del primo quadrimestre 2019, pari a 229.614 suini macellati in più. Nel primo trimestre 2019 i consumi domestici di carni suine fresche sono incrementati dello 0,1%, ma nel corso del 2018 avevano perso il 1,9%. I consumi domestici di salumi, nel primo trimestre 2019, hanno registrato una ulteriore diminuzione -0,3%, dopo il calo del 1,0% del 2018 (Elaborazione BMTI su dati MIPAAF).

L’export di carni suine fresche, congelate e di carni lavorate è diminuito nel corso del 2018 del 7,0% in volume e del 3,3% in valore, rispetto al 2017 (Fonte: elaborazione ANAS su dati ISTAT).

Il risultato non può essere diverso da quello che stiamo vedendo, cioè un calo netto delle quotazioni del prodotto.

EXPORT EUROPEO

L’export di carni suine (fresche, congelate e lavorate) dell’Unione Europea nel corso del 2018 è incrementato, rispetto al 2017, dello 0,3%. Praticamente si è fatto pari con l’anno prima nonostante il calo delle esportazioni verso la Cina, compensate dagli incrementi delle esportazioni verso le Filippine, Hong Kong e Stati Uniti. Nei primi mesi del 2019 le esportazioni verso Paesi extra UE sono tornate a crescere maggiormente, grazie al recupero di export verso la Cina, che rimane sempre il più importante importatore di carni suine dall’Unione Europea.

BUONA NOTIZIA

Dopo anni di trattative è stata ufficializzata la possibilità di esportare carni suine congelate dall’Italia in Cina. Il ministro della Salute, Giulia Grillo, e l’ambasciatore cinese a Roma, Li Ruiyu, hanno siglato il 23 marzo scorso il protocollo di intesa che sancisce l’apertura del mercato cinese alle produzioni suine italiane. Ora le condizioni per l’esportazione sono ufficialmente definite ed è possibile procedere verso la conclusione delle formalità burocratiche. La trattativa è durata oltre 15 anni e ha richiesto lo svolgimento di numerose missioni in Cina da parte dei più alti livelli tecnici e istituzionali del nostro Paese per incontrare i vertici delle autorità sanitarie cinesi, di visite in Italia di delegazioni di ispettori del ministero dell’Agricoltura cinese, delle agenzie di quarantena e delle dogane cinesi e l’invio di copiosi fascicoli da parte del ministero della Salute.

STORICO RISULTATO

Questo il commento del presidente Nicola Levoni: «Sono orgoglioso di poter dichiarare che si tratta di uno straordinario risultato per il nostro Paese che Assica ha contribuito a raggiungere. Lo abbiamo perseguito con determinazione e costanza per oltre 15 anni, supportando le nostre Istituzioni nelle lunghe e difficilissime trattative con le autorità cinesi. In questi anni si sono succeduti ministri e ambasciatori, ma il ‘dossier’ per l’esportazione delle carni suine in Cina è stato portato avanti da tutti con grande risolutezza. Il mio ringraziamento va a tutti coloro che hanno lavorato in questi lunghi anni con tenacia, in maniera sinergica e nella convinzione che tutte le produzioni suine italiane dovessero avere accesso al grande mercato cinese, finora riservato ai prosciutti crudi e ai prodotti cotti».

APPELLO ASSOSUINI

A proposito della situazione nazionale, in queste ultime settimane abbiamo assistito al “grido d’allarme”, in parte anche provocatorio, della Assosuini. I dati che abbiamo evidenziato sopra non lasciano scampo, se non si mette equilibrio al rapporto domanda/offerta, non si recupera prezzo e non si recupera redditività. Queste sono le regole del mercato libero e non bastano dichiarazioni di intenti per risolvere la problematica. Servirebbe un’azione sinergica e congiunta di tutti i soggetti del sistema produttivo, coordinati da una Organizzazione Interprofessionale, cioè una organizzazione di filiera, volta a far crescere le esportazioni e i consumi interni della nostra produzione, di grande qualità ma che non conquista i mercati in automatico, quelli si conquistano con specifiche azioni marketing e di comunicazione. Speriamo che l’appello di Assosuini venga in qualche modo raccolto.

INDIRIZZO SBAGLIATO

Non posso condividere il tono quasi trionfalistico del presidente di Assica Levoni, ma anche dei politici che hanno commentato la notizia, sul fatto che si è definito il protocollo di intesa per l’apertura del mercato cinese. In realtà l’Italia ha impiegato 15 anni per definire un protocollo operativo per attività di export e import con la Cina quando altri paesi dell’Europa hanno impiegato un paio di anni e da oltre dieci anni esportano in Cina. Quali i motivi per cui ci abbiamo messo così tanto tempo? Forse la chiave di detto insuccesso viene dal fatto che in Italia, ad occuparsi di detti protocolli, proprio perché di natura prettamente sanitaria, è il Ministero della Salute che, comprensibilmente, ha altre priorità rispetto a quelle di accelerare determinati percorsi per agevolare l’export delle produzioni. Al contrario, negli altri Paesi è il Ministero dell’Agricoltura ad occuparsene, e ovviamente i risultati sono diversi, esso accomuna l’interesse sanitario a quello economico e spinge affinchè detti protocolli si concludano nei tempi più brevi. Come questo dossier l’Italia ne ha in ballo altre centinaia e forse sarebbe il caso di provare a riformare questo ordinamento… Non vedo proposte nel merito venire avanti.

 

Giovanni Battista Testa

(da “L’Imprenditore Agricolo)