Sezioni


L’Europa, l’Italia e il bisogno di normalità


I Saggi sono al lavoro per individuare il futuro governo del Paese. Commenti, critiche e dibattiti si sprecano, intanto l’immagine del nostro Paese all’estero si appanna ogni giorno di più. Anche la fine del settennato di presidenza della Repubblica rappresenta un nodo da sciogliere che il risultato elettorale del mese scorso non facilita.
La necessità di un Governo che governi diventa indispensabile per salvare le imprese, porre un freno alla disoccupazione, rilanciare la credibilità finanziaria del nostro Paese, in Europa e nel mondo.
Purtroppo o per fortuna, a seconda dei punti di vista, l’Italia è in buona compagnia. Hollande e con lui l’intera Francia sono in panne. Disoccupazione record (+10,2%) che il Governo non riesce ad arginare. Altissima disoccupazione giovanile che ormai ha raggiunto quasi i livelli italiani, attestandosi al 25,7% (in Italia siamo al 31%).
La produzione industriale è in forte calo, con un – 4,6%. Essa cancella tutte le speranze di una ripresa economica per l’anno in corso, costringendo Peugeot, Mittal, Renault, Good Year, Petroplus a piani di ristrutturazione e licenziamenti.
In Germania, a dieci anni dalle riforme che hanno introdotto più flessibilità nel mondo del lavoro, cinque milioni di tedeschi vivono con un stipendio di 450 euro al mese. In vista del voto d’autunno, la Germania si interroga sulle riforme del mercato del lavoro messe a punto nel 2003 dal governo socialdemocratico.
Il piano economico nel 2010 tagliò il sussidio di disoccupazione e introdusse l’obbligo, per chi lo riceve, di accettare un lavoro, dopo una lunga inattività. La conseguenza è quella di aver creato in Germania un problema di natura sociale. Gli operai tutelati da contratti stipulati da e con i sindacati, spesso guadagnano molto di più di un neolaureato costretto ad accettare salari minimi. La conseguenza è che oggi, in Germania, vi sono appunto cinque milioni di persone con un mini lavoro al 60% donne.
Il vento antieuropeista spariglia le carte in Gran Bretagna, un partito euroscettico come l’Ukip che ha tre rappresentanti in parlamento ha superato i conservatori in un’elezione suppletiva nel sud del Paese, aggiudicandosi il 27,8% dei voti, con il rischio che questo diventi il secondo partito. La strategia di contenimento attuata dal premier inglese David Cameron non funziona e gli euroscettici sono il partito del momento. La conseguenza è che in Inghilterra sta crescendo, sulla spinta della delusione per il Governo, il sentimento antieuropeista alimentato dalla crisi e dalla disinformazione sull’Unione Europea. Si tratta di un partito con un solo punto in programma: propagandare un irrealistico addio all’Unione Europea, senza offrire una soluzione ai problemi più concreti. Anche in Gran Bretagna, l’era della politica dominata dai due partiti è forse finita.
Intanto, è nata, a livello globale, una nuova alleanza tra la Cina e la Russia, dove si organizzano scambi commerciali per emarginare il dollaro. Entrambi i Paesi temono l’espansione dell’influenza occidentale in casa.
Il Messico è considerato il paese leader tra i mercati emergenti, soprattutto sul fronte delle riforme strutturali. In passato, era visto come una nazione instabile, alle prese con un grosso problema di sicurezza. Nella seconda metà di quest’anno, il tema caldo sarà la riforma del settore energetico e se riusciranno, come pare, ad attrarre investimenti esteri, è probabile che nel prossimo futuro, la società petrolifera torni a crescere.
Quelli prima citati sono solo alcuni fatti concreti che si stanno verificando nel mondo. Ciò che emerge è la crisi del modello di società occidentale e la grande capacità di ripartire dei Paesi sinora considerati, dal lato economico, a traino dell’economia occidentale.
Tutto questo genera un grave pericolo per la nostra società: la pressoché assenza di reali possibilità di crescita e di garantire prospettive ai giovani.
“Il nostro Paese – lo ha ribadito il presidente di Coldiretti Sergio Marini alle consultazioni, sia con il presidente Giorgio Napolitano che con il segretario del Pd Pierluigi Bersani, durante l’espletamento del suo mandato per la formazione del nuovo governo ormai fallito – può ripartire ridando centralità all’agricoltura e facendo crescere l’agroalimentare. Il brand made in Italy nel mondo nel settore del food è garanzia di serietà, salubrità e bontà. Non si può più stare fermi, poiché questo significa recessione, ma vi è l’urgenza di un Governo che governi”.

(Fonte: Coldiretti)