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Le etichettature? Un problema, se le regole in Europa non valgono per tutti


“Noi abbiamo fatto una scelta chiara di trasparenza sull’indicazione d’origine in etichetta e siamo pronti a difenderla in ogni sede nazionale e comunitaria. In attesa che ci sia una piena attuazione del regolamento europeo in materia, l’Italia garantisce ai consumatori il diritto a conoscere l’origine delle materie prime di latte, pasta, riso e derivati del pomodoro. I decreti sono pienamente operativi, come confermato anche di recente dalla decisione del Tar del Lazio che ha rigettato il ricorso per la sospensiva. Andiamo avanti per valorizzare le nostre filiere e tutelare il lavoro dei nostri agricoltori”.

Così ha commentato il ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Maurizio Martina la notizia del reclamo ufficiale presentato dall’organizzazione dell’industria alimentare europea FoodDrinkEurope alla Commissione Ue contro l’Italia per l’adozione dei decreti sull’indicazione obbligatoria di origine per il grano, riso e pomodoro.

“L’obbligo relativo a un’etichettatura d’origine chiara ed esaustiva è essenziale e può contribuire a contrastare le frodi promuovendo una maggiore trasparenza lungo le catene alimentari – osserva Lodovico Actis Perinetto, presidente Cia Piemonte – e bene ha fatto il Governo italiano a giocare d’anticipo con l’intento di esercitare pressione su Bruxelles che ancora indugia sulla normativa che riguarda le indicazioni di origine in etichettatura, ma la rinazionalizzazione strisciante delle normative sull’etichettatura presenta anche degli aspetti problematici. Ad esempio, l’obbligo di indicare l’origine delle materie prima adottata dal nostro Governo riguarda solo le aziende italiane, mentre chi produce all’estero e porta i propri prodotti in Italia può continuare a farlo senza applicare le nuove regole. Grazie ad una certa tolleranza dell’Ue nei confronti della rinazionalizzazione strisciante, alcuni Stati si sono sentiti autorizzati ad introdurre le etichette nutrizionali cosiddette a semaforo, non solo di dubbia validità scientifica, ma che penalizzano in maniera ingiustificata diversi prodotti di qualità, anche italiani”.

“Le normative nazionali sull’obbligo di origine in etichetta sono utili come sprone, come sollecitazione a che l’Europa faccia, ma se diventano una regola – ha affermato Paolo De Castro, primo vicepresidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo – sono una problema e oggi assistiamo appunto a una proliferazione, con oltre otto diversi Paesi che hanno introdotto norme nazionali una diversa d’altra”.

“Le varie normative nazionali sull’etichettatura stanno mettendo in discussione il mercato unico europeo – ha aggiunto De Castro – e devono essere rapidamente sostituite da un Regolamento europeo valido per tutti. Bisogna che il Consiglio europeo dei Primi Ministri si attivi e arrivi a definire una proposta legislativa”.

Come non ricordare infine le parole del presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino, a proposito dell’etichettatura d’origine: “Etichettatura d’origine e tracciabilità non devono distrarre dalla questione principale che non è solo quella di favorire una più equa distribuzione del valore aggiunto tra tutti i soggetti facenti parte delle filiere, ma di dare certezze alle stesse filiere, in termini di regole lungimiranti e condivise per commercializzazione e mercato. Anche perché il quadro di riferimento del mercato deve essere quello globale e non chiuso nelle logiche dei confini nazionali”.