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L’annata agraria 2012 vista dalla Cia


L’annata agraria 2011-2012, che si è chiusa, come da tradizione, l’11 novembre scorso, giorno di S.Martino, è stata un’annata caratterizzata da forti gelate nei primi mesi dell’anno – cui ha fatto seguito un esordio primaverile anticipato, con germogliamenti precoci – e da un’estate estremamente siccitosa.
Oltre agli effetti delle anomalie climatiche, hanno pesato negativamente sull’andamento dell’annata appena conclusa anche il forte aumento dei costi di produzione, la scarsa remunerazione delle produzioni agricole, la volatilità dei prezzi alla produzione e la contrazione dei consumi per effetto della recessione economica in cui si trova il nostro Paese.
Le bizzarrie climatiche hanno determinato un calo della produzione di mais di circa il 20-30% rispetto all’anno passato. Fortunatamente il mais piemontese è sano e non inquinato da aflatossime, come invece per altre zone della pianura Padana. Avendo la siccità devastato anche il granaio del mondo, il Middle West americano, l’impatto sui prezzi è stato immediato. Circa il frumento, non si sono riscontrate flessioni né in quantità né in qualità.
Per quanto riguarda il comparto risicolo la produzione è risultata soddisfacente. Non altrettanto le quotazioni. I prezzi del riso raccolto nel 2011 hanno avuto nel corso del 2012 un costante declino. In alcuni casi si sono addirittura dimezzate. Si è arreso anche il “Carnaroli”, il re della risicoltura Made in Italy, la varietà più apprezzata dai consumatori e ricercata dai ristoratori per la preparazione del classico risotto italico, le cui quotazioni sono crollate.
Si sperava in una ripresa dopo la raccolta 2012, ma i primi prezzi non lasciano ben sperare, anche se non è ancora possibile fare delle previsioni attendibili, in quanto la campagna di commercializzazione è appena iniziata.
Passando dai seminativi alle coltivazioni permanenti, e in particolare alla vite da vino, emerge per questa coltura un calo notevole delle produzioni (il 14% in meno rispetto allo scorso anno). Quella di quest’anno è stata la vendemmia più povera dal 1950. In Piemonte sono stati prodotti 2.500.000 ettolitri contro i 2.800.000 dello scorso anno. Hanno contributo al calo della produzione sia la siccità estiva, sia il diffondersi della flavescenza dorata, contro la quale non sono ancora state trovate armi efficaci. I prezzi delle uve in compenso sono aumentati e la tendenza è positiva anche per i prezzi dei vini.
Nel settore frutticolo si sono verificate criticità in tutte le principali produzioni, a causa delle gelate invernali, con riduzioni delle produzioni stimate intorno al 20/30%.
Nel caso dei kiwi, i danni da gelo sono stati ingentissimi, aggravati dall’emergenza della batteriosi. Compromesso circa l’80% della produzione.
Le quotazioni di pesche, nettarine, susine e albicocche sono cresciute dopo il disastro del 2011. I produttori temono però che il miglioramento della situazione sia da ricondursi a motivi contingenti, soprattutto alla rilevante diminuzione di prodotto in molti Paesi dell’Europa occidentale (Francia, Spagna, in primis) ed alla analoga flessione in Trentino, Veneto e Friuli, e continuano a guardare con molta preoccupazione al loro futuro.
Anche il florovivaismo, pur essendo uno dei punti di eccellenza dell’economia piemontese, è in difficoltà. Nel 2012 i volumi delle vendite si sono ridotte di circa il 10%. Le cause sono da ricercarsi in una concorrenza aggressiva che gioca al ribasso e nei costi di produzione sempre più alti, a fronte di una situazione stagnante dei prezzi alla produzione, fermi da diversi anni. Pesa sul comparto il venir meno degli aiuti economici per l’acquisto del gasolio necessario al riscaldamento delle serre nei periodi freddi. Il costante aumento del prezzo del carburante impedisce agli operatori del comparto di proseguire serenamente nell’attività produttiva.
Riguardo alle performance economiche complessive della zootecnia, e in particolare sulla redditività della fase d’allevamento, hanno pesato i rincari dei cereali, dei mangimi che hanno ripreso la corsa verso l’alto, seppure con amplissime oscillazioni. E’ aumentato anche il prezzo dei vitelli da ristallo, mentre è rimasto sostanzialmente stabile il prezzo dei bovini da macello, a livello però non più remunerativo dei costi di produzione.
Gli allevatori temono che un altro colpo esiziale ai loro redditi possa venire dalla Pac post 2013 che non consentirà di mantenere livelli di aiuti diretti differenziati per settore e potrebbe penalizzare gravemente il comparto delle carni bovine.
Particolarmente negativa, dopo un 2011 positivo, l’annata per gli allevamenti di bovini da latte a causa del calo vistoso dei prezzi alla stalla ed il vuoto contrattuale che tutt’ora permane.
Nel settore dell’allevamento bovino da carne è da segnalare il costante incremento di capi di razza Piemontese. Le consistenze sono aumentate del 20% in dieci anni passando dai 295.000 capi del 2000 ai circa 350.000 del 2011. Tale andamento ha invertito completamente le tendenze dei decenni precedenti portando oggi la Razza Piemontese al primo posto tra le razze autoctone italiane e al secondo posto assoluto dietro solo alla Frisona, la principale razza da latte. In totale i capi bovini allevati nella nostra regione sono in leggera diminuzione, con un calo vistoso delle razze francesi.
Nel settore suinicolo i dati dell’ultimo censimento confermano la tendenza a una concentrazione degli allevamenti con una sensibile diminuzione del numero e una sostanziale stabilità del numero dei capi. Alcuni rappresentanti della filiera segnalano un ulteriore incremento della soccida, strumento che indebolisce notevolmente la posizione degli allevatori rispetto alla fase di trasformazione. Dal mercato arrivano in questo momento indicazioni abbastanza positive, ma non mancano i timori per il futuro.
La siccità estiva ha posto in evidenza, con particolare forza, ancora una volta, un vecchio e mai risolto problema del Piemonte: quello della disponibilità d’acqua per il settore agricolo in periodi di scarse precipitazioni.
La drammatica situazione a cui ciclicamente è sottoposto il nostro territorio non è superabile senza il varo di un vero piano di potenziamento delle infrastrutture, per garantire una gestione razionale delle acque. Le precipitazioni sempre più violente e concentrate impongono di aumentare gli invasi in cui stoccare l’acqua nei momenti di maggiore abbondanza, per far fronte ai fabbisogni idrici nei periodi siccitosi. Occorre inoltre migliorare la rete di distribuzione ed accelerare gli investimenti per rafforzare il risparmio d’acqua anche nell’irrigazione dei campi, attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie.
Roberto Ercole, presidente Cia Piemonte