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La crisi degli ovini e le colpe della società


La crisi dei consumi si fa sentire pesantemente anche nel settore degli ovi-caprini. Basta analizzare i dati del recente mercato pasquale, tradizionale appuntamento con la carne ovina, per avere un quadro della situazione. Si è registrato un calo dei capi commercializzati del 15% rispetto allo stesso periodo dello scorso. Fra le cause principali sicuramente la crisi dei consumi (che per questa Pasqua si è attestata al -7%), anche se il calendario, visto che Pasqua è caduta a marzo, non ha favorito le vendite accorciando il periodo di commercializzazione di una decina di giorni. Ed anche i prezzi pagati agli allevatori sono in ribasso del 10-15% rispetto allo scorso anno. Un mercato, quello degli ovi-caprini che vive nel periodo pasquale il momento migliore e che avrebbe potuto far respirare un po’ gli allevatori, che, però, oltre che con la crisi, devono fare i conti con assurde campagne mediatiche di associazioni animaliste che invitano a non acquistare la carne ovina in particolare quella degli agnelli. E’ l’ora di finirla con queste invenzioni da parte delle associazioni animaliste, che ogni anno fanno questa propaganda ai consumatori demonizzando la carne di agnello per uno scopo che solo in apparenza è ideologico. Si gioca sulla pelle e sull’economia di migliaia di aziende zootecniche italiane che sono già alle prese con una crisi di mercato e di consumi – oltre che con i crescenti costi di produzione – che dura da ormai troppi anni. Nel periodo della Pasqua i nostri allevatori vendono circa il 20-25% dei capi dell’intera produzione annuale. E c’è chi tutto questo fa finta di non saperlo e specula sul futuro degli pastori. C’è bisogno in tempi ravvicinati di una strategia nazionale a sostegno del settore ovino: priorità nella Pac e nello sviluppo rurale, tutela e valorizzazione del prodotto trasformato, aggregazione e rafforzamento degli strumenti economici. Molto positiva la proposta della Cia di privilegiare gli agricoltori veri nell’accesso al sistema degli aiuti della Pac per sostenere un settore che in gravissime difficoltà, con stalle che chiudono a causa del crollo dei redditi per gli allevatori. I prezzi del latte e della carne sono in ribasso, i costi in continuo aumento uniti alla siccità del 2012 che stanno riducendo la pastorizia (e tutta l’agricoltura) in una condizione di non ritorno. Serve dunque una svolta immediata: i contributi vadano agli agricoltori e agli allevatori veri, soprattutto per incoraggiare i giovani a stare o a ritornare al lavoro della terra. Nel contempo occorre non perdere di vista tutti gli altri problemi degli allevatori a cominciare dai costi della burocrazia, ai danni della predazione dei lupi, l’assenza di rispetto per il lavoro che i pastori fanno ogni giorno per mantenere un certo ambiente e paesaggio, di cui gode gratuitamente l’intera collettività e, come se non fosse sufficiente questo, meraviglia la mancanza di considerazione per gli animali, le pecore, che compongono i greggi assaltati dai predatori: sono o non sono animali con la stessa dignità dei lupi e dei randagi?

Silvio Chionetti, Cia Cuneo