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In fuga dai kiwi Meglio pesche o mele?


Produttori e tecnici della Cia hanno fatto il punto della situazione del comparto kiwi in provincia di Cuneo. Ne parlano il responsabile del Gruppo di Interesse Economico del settore ortofrutticolo, Livio Pautassi e il tecnico zonale Giovanni Cordero.
«La situazione che stanno vivendo i frutticoltori di kiwi è, purtroppo, molto seria», confermano entrambi.

CONTAMINAZIONE TOTALE?
«La mancanza di una soluzione tecnica in grado di contrastare efficacemente la batteriosi – rileva Cordero – fa temere la contaminazione totale nei prossimi anni e la scomparsa della coltura nella nostra provincia. Sono, infatti, già più di mille gli ettari che sono stati estirpati, il 25 % dell’intera coltivazione (5.000 ettari) in Piemonte, di cui la maggior parte nel cuneese. Il batterio si sta dimostrando invincibile, capace di sviluppare continue mutazioni, un microrganismo incredibilmente dinamico, subdolo, in grado di vivere nel terreno, sulla pianta, sui rami di potatura ed anche di vivere latente sulla pianta per alcuni anni, senza che questa presenti sintomi della malattia e poi fare la sua ricomparsa distruggendo gli impianti».

LE ALTERNATIVE AL KIWI
Aggiunge Pautassi: «Siamo interpellati sempre più sovente da produttori che ci chiedono valutazioni e consigli sulle possibili alternative colturali, fermo restando l’indispensabilità di non uscire dal comparto frutticolo».
Con cosa sostituire il kiwi, con il pesco, con il melo?
«La maggior parte dei pescheti piemontesi (circa 6 mila ettari) è in Provincia di Cuneo ed a favore di questa alternativa – rileva il responsabile Gie ortofrutta – non ci sono molti elementi, a cominciare dal prezzo realizzato negli ultimi anni che non sempre è riuscito a coprire i costi di produzione. Va meglio la situazione melicola che in Piemonte ha un’estensione di 5,4 mila ettari».

I VANTAGGI DELLE MELE SULLE PESCHE
«Ci sono almeno due punti di forza a vantaggio della mela – informa Cordero -. Il primo di natura squisitamente agronomica, legato al fatto che il reimpianto del melo sul kiwi ha ottime prospettive grazie alla fertilità residua del terreno (pari anche al 90-95%). In più il kiwi non rilascia tossine che intaccano il melo, vi è una completa eliminazione delle radici durante l’estirpo e il terreno mantiene una fertilità ottimale.
Il secondo di natura più commerciale, legato al fatto che in Piemonte, ed in particolare nel cuneese, vi è la più alta densità di ettari coltivati con varietà di mele rosse (a cominciare dall’Igp riconosciuta alla “mela rossa Cuneo”).

IL MERCATO DELLA “ROSSA”
Si tratta di un tipo di mela il cui successo è indiscutibile nei paesi esteri, i quali preferiscono un frutto colorato. Il 65% della produzione melicola piemontese, infatti, viene venduto in particolare nei paesi del Medio Oriente, Golfo Persico, dell’Estremo Oriente (Taiwan, Malesia, Indonesia), ma anche in Nord Africa (Libia, Egitto, Marocco, Tunisia) e più recentemente in Brasile. Orientali e arabi apprezzano molto le mele rosse e dolci. L’80% della produzione di cultivar rosse (Gala, Fuji, Braeburn, Red Delicious) viene esportata».

MA I COSTI SONO ALTI
«Purtroppo – precisa Livio Pautassi – impiantare un meleto e gestirlo non ha costi da poco, ci vogliono quasi 50 mila euro ad ettaro per allestire un nuovo impianto per poi attendere 3 anni prima dell’entrata in produzione. Una valutazione economica effettuata dal CReSO ha calcolato in 120 milioni di euro il costo di sostituzione a meleto di 1.000 ettari di kiwi e di 600 milioni di euro la sostituzione dell’intera coltura piemontese. Una cifra che spaventa e che, dato per scontato che i produttori da soli non hanno la forza economica per sostenere la riconversione, nessun ente pubblico oggi è in grado di coprire, anche solo in parte».