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Il mondo dei vinti? Non abita più in campagna


C’era una volta la grande fabbrica che spopolava le nostre campagne, colline e montagne. Vinceva, in quel tempo, il mito dell’urbanizzazione, il mare di fredde ciminiere, il fiume di soldatini blu, amaramente cantati da Gipo Farassino.
Le Langhe e valli alpine erano il “mondo dei vinti” di Nuto Revelli, la “malora” di Beppe Fenoglio.
Ma ora che la grande fabbrica non si sa più dove sia (in Italia o in America? In Olanda o in Gran Bretagna?) e gli stabilimenti languono semideserti nelle anonime periferie delle città, cosa rimane di quella travolgente sfida epocale promettente sviluppo e progresso? Qual è, oggi, il mondo dei vinti? La civiltà agricola, che è rimasta l’unica ad assumere, a creare nuove scuole e università, oppure quella dei “call-center” e della cassa integrazione?
Nei paesi della “Langa povera”, dove si prevede che nei prossimi cinque anni soltanto un’azienda agricola su quattro verrà rimpiazzata, si è bandito un concorso per aiutare le nuove generazioni a riappropriarsi della terra. Da terra marginale a terra originale, è il titolo del progetto, che fa dell’identità il suo elemento strategico. Quell’identità, sintetizzabile nel cibo, che anche nella malora agricola non è mai venuta meno e che, a quanto pare, le marginalità urbane non sono riuscite a darsi.
Una direzione nella quale si sta muovendo la Provincia di Cuneo, che ha significativamente messo in campo bandi per il reimpianto di castagneti di varietà locale e per l’apicoltura, due settori dove la domanda supera l’offerta, e dove i giovani e la montagna, privilegiati in graduatoria, possono giocare fino in fondo la loro partita delle opportunità.
Non vuol dire che l’agricoltura, soprattutto quella di montagna, sia il nuovo paradiso terrestre, pronto ad accogliere senza condizioni orde di umanità senza radici. Tuttavia, appare evidente che non tutte le marginalità sono uguali, proprio perchè il parametro del benessere non è soltanto economico, come dimostra da sempre la sopravvivenza della campagna.
Chissà che non tornino a ripopolarsi le vallate, se non nelle straordinarie proporzioni precedenti l’esodo, almeno quanto basta per cacciare i lupi, che hanno vita facile contro i greggi dei pochi pastori rimasti a presidiare le terre alte della ruralità.