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Grano, le proposte per uscire dalla crisi


“Non si può perdere la filiera italiana del grano, emblema di un prodotto rappresentativo del made in Italy nel mondo come la pasta. Nei giorni scorsi abbiamo celebrato, con la manifestazione di Bettolle (Siena), il suo funerale. Siamo scaramantici e con questo gesto eclatante vogliamo allungare la vita al settore; certo non lo si può fare se resta la discrepanza di vedere un quintale di pasta pagato 180 euro dal consumatore e un quintale di grano duro pagato 18 euro al produttore”.
Lo ha detto il presidente di Confagricoltura Mario Guidi intervenendo al convegno ‘Terra del grano’ promosso a Foggia dall’Organizzazione territoriale.

“Il comparto del grano duro, che impegna più di 200 mila aziende ed investe 1.300.000 ettari, sta vivendo una crisi profonda – ha proseguito Guidi -. Si ritrova senza garanzie, con ricavi inferiori ai costi, importazioni massicce dall’estero, norme inefficaci che regolano il mercato mondiale, controlli sanitari pressoché inesistenti nei porti, limiti notevoli della capacità di stoccaggio, incognite delle nuove semine, contrapposizione con commercianti e industria molitoria e pastaia che ha caratterizzato gli ultimi mesi”.

Il presidente di Confagricoltura, a Foggia, si è soffermato sui rapporti di filiera: “Va cambiato l’approccio ai problemi e vanno trovate tra i vari attori le risposte a programmazione e destinazione delle produzioni, valorizzazione del made in Italy e quindi un prezzo soddisfacente nei vari passaggi, dal campo allo stoccaggio, fino alla trasformazione”.

“Abbiamo avanzato richieste precise per contrastare la crisi del comparto – ha ricordato -. Alcune da attuare nell’immediato come, ad esempio, la definizione di regole precise e compartecipate, sia dalla parte agricola sia dalla parte industriale, per gli accordi di filiera; la condivisione in tempo reale delle informazioni commerciali; l’istituzione di un efficiente ed innovativo meccanismo telematico che consenta di fissare un prezzo nazionale giornaliero, sulla base dei contratti realmente siglati, in alternativa alle commissioni locali; gli accordi interprofessionali per una gestione più efficiente e organica dell’intera filiera. Da prevedere poi interventi più strutturali, sulla logistica e sui sistemi di tracciabilità del prodotto che rendano merito alla qualità, senza tralasciare ricerca e sviluppo su cui è fondamentale investire. Si tratta, nel complesso, di investimenti importanti che però dovranno andare a beneficio del prodotto nazionale e non certo di quello importato”.

“Come agricoltori, dobbiamo fare la nostra parte continuando a impegnarci per migliorare la qualità – ha concluso Mario Guidi – . Ma questa qualità deve poi essere riconosciuta, selezionata e premiata da stoccatori e trasformatori, evitando di fare di tutto il grano un mucchio e di vanificare così i nostri sforzi per produrre al meglio. E non dobbiamo scandalizzarci se il prodotto raccolto viene collocato diversamente sul mercato a seconda della sua qualità. L’obiettivo principale resta quello di aumentare globalmente la quantità di qualità”.