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Gran parte dell’acqua caduta va persa perché mancano i piccoli invasi di stoccaggio


La neve e la pioggia cadute abbondantemente in questi giorni hanno causato parecchi guai: frane e smottamenti e gravi difficoltà al traffico in diverse zone del Piemonte, ma hanno consentito di ripristinare le riserve idriche quasi esaurite dopo un anno, il 2017,  tra i più siccitosi degli ultimi 100 anni.

Una gran parte dell’acqua caduta é però andata persa perché in Piemonte non ci sono sufficienti bacini di accumulo. Appare evidente che gli schemi idrici attuali non sono più in grado di reggere le conseguenze del mutamento climatico in atto, caratterizzato da forte piogge concentrate in pochi giorni alternate a lunghi periodi di siccità. Servono interventi strutturali.  L’unica reale soluzione è quella di stoccare l’acqua nei periodi di abbondanza per poi rilasciarla durante i mesi di maggior siccità. A questo scopo é necessario il varo di un vero piano di potenziamento delle infrastrutture e dei bacini di accumulo.

“Per rimediare alla crisi idrica che sempre più frequentemente nel periodo estivo colpisce la Regione – sottolinea Uncem Piemonte, l’Unione dei Comuni e degli Enti montani – , è fondamentale realizzare dei piccoli invasi in ogni vallata”.

L’ Uncem da tempo insiste sulla necessità di programmare, con un interventi pubblico-privati, la realizzazione di piccoli invasi – dai 2 ai 10 milioni di metri cubi d’acqua – in ciascuna vallata, capaci di garantire l’uso plurimo: uso potabile, produzione idroelettrica, rilascio estivo per agricoltura, irrigazione di pascoli in quota con sistemi a caduta.

“Serve una strategia, una mappatura delle opportunità in tutto il Piemonte – afferma il presidente di Uncem Piemonte Lido Riba –. Non servono progetti di enorme dimensione, impattanti e contrastati dall’opinione pubblica. Bensì opere molto più piccole, che permettono un ritorno di parte dell’investimento. La crisi idrica e anche l’emergenza per l’assenza neve impongono che questo tema non sia derogato”.