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Gran Bollito piemontese regole, segreti e leggende


Metti insieme un personaggio del mondo agricolo-zootecnico con il culto della storia e uno chef giramondo che ama incrociare tradizione locale e ricerca globale. Chiedi loro di interpretare – in questo scorcio di stagione che induce alla buona tavola – il piatto più rappresentativo, il boccone regale capace di esaltare la passione del gusto.

La cucina diventa teatro: si smorzano le luci, si alza il sipario, ed ecco i Nostri entrare in scena a declamare l’atteso verdetto: “Il Gran Bollito irrompa sul desco in gioiosa solitudine e rappresenti l’alfa e l’omega del banchetto: niente preamboli, sapori estranei non giungano al ventre, nessuna contaminazione successiva così che il ricordo del prodigio del bollito resti saldo e immutato”.

Bartolomeo Bovetti e Riccardo Milone sono i due protagonisti che si stanno prestando con successo a questo gioco della seduzione gastronomica legata alla mitologia del Bue grasso trasformato in succoso bollito. I salotti se li contendono, perché questo è teatro dell’arte. Il binomio è bene assortito, visto che il dottor Bovetti nella sua carriera al vertice del mondo allevatoriale ha tenuto in amorevole cura per oltre quarant’anni la razza bovina Piemontese e guida tuttora la cooperativa di produttori Compral, mentre lo chef Milone dopo un lungo tour americano si divide ora fra il buen retiro dell’Osteria del Pasco, tempio dei buongustai, e le atmosfere torinesi del prestigioso Circolo della Stampa.

Allora, sviluppiamo il canovaccio di questa “recita” dedicata al Gran Bollito Piemontese così come dovrebbe essere preparato e servito, sulla base di una tradizione che risale agli albori del ‘900, dice Bovetti: “Allora si facevano le cose in grande, mentre oggi andiamo più veloci a tavola. In ogni caso, le buone regole del Gran Bollito valgono sempre. Per cominciare la provenienza delle carni deve essere rigorosamente accertata di Bue o di Manzo di razza Piemontese anche detta Fassone piemontese o razza a groppa doppia. L’animale sacrificato, che sia Bue di 4-6 anni o Manzo di 2 anni, sarà un soggetto di buona conformazione della coscia, alimentato con fieno, crusca, orzo, granoturco , in ambiente tranquillo per un tempo legato ai suoi ritmi di crescita”.

Sui tagli interviene cuoco Riccardo: “Bisogna seguire le vecchie regole. Prima le polpe: scaramella con osso, brut e bun, punta di petto, sottopaletta o cappello del prete, gallinella, reale, muscolo di spalla. A parte gli ammennicoli: testina, coda, lingua. Per completare gli ornamenti: cotechino e gallina”.

Sulla cottura Bovetti e Milone hanno dribblato elegantemente il tormentone relativo alla posa in acqua fredda, tiepida o calda affidandosi ai consigli di Dario Bressanini, autore del fondamentale “La scienza della carne”. Vale a dire che un buon risultato sia per il bollito sia per il brodo è frutto di un compromesso fra tempo e temperatura dell’acqua di cottura. Il segreto sta nei tempi: devono essere necessariamente lunghi da sciogliere il tessuto connettivo ma non troppo da far uscire i succhi e perdere di sapore la carne a favore del brodo.

Le salse, concordano i due cantori del Gran Bollito, sono quelle rituali: bagnetto verde rustico del mezzadro, bagnetto verde ricco del padrone (con più acciughe), rafano, senape gialla, salsa delle api (miele, noci e senape in polvere), cognà. I contorni: patate bianche lesse, spinaci bolliti passati al burro con aglio e acciuga, insalata di cipolle lesse in acqua, vino rosso, aceto e zucchero con garofano e cannella.

Detto dell’ingresso “in solitudine” del trionfale Gran Bollito sul desco, il dottor Bovetti richiama un altro caposaldo della ricetta: “Sul tavolo troveremo grosse grisse e pane di Re Carlo Alberto con olio e pepe, ciotole di sale grosso da spargere sulla carne, piattino di burro da schiacciare con le patate bollenti. E ancora ampolle di aceto per correggere i bagnetti”.

Come si deve presentare il commensale? “Si presenti ben vuoto – ammonisce il direttore Bovetti -, riposato e ben disposto. Non faccia calcoli di tempo e men che meno di calorie”. I vini seguono l’onda regionale: Barbera giovane e poi Barbera forte per tutta la durata, al dessert Malvasia o Moscato fermo. Ecco, i dessert: quali vengono proposti? Lo chef Milone: “Se non sappiamo fare a meno del sapore dolce a conclusione del simposio, disponiamoci a godere di un caldo avvolgente zabaione, magari preceduto da una tazza di brodo arricchito con un cucchiaio di Barbera”.
Grazie, maestri! E buon Grande Bollito a tutti.