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E se il grano fosse il nuovo petrolio?


E se il grano fosse il nuovo petrolio? E’ la domanda al centro di un articolo a firma dell’economista Mario Deaglio, apparso sul quotidiano La Stampa, nel quale si rivela il nuovo interesse dei paesi arabi ad investire per il controllo delle produzioni agricole mondiali.

Ora il grano comincia a crescere ricoprendo di un color verde incerto le ampie praterie gonfie di neve appena sciolta e ricche di moscerini. Quest`anno però il color verde del grano primaverile del Manitoba, ha qualcosa di diverso. Lo potremmo definire «verde-arabo» perché in queste distese inconsapevoli si sta giocando, in sordina, una «partita» importante del mutamento economico globale. Potrebbe nascere qui l`Opec dei produttori di grano, in stretto connubio con l`Opec dei produttori di petrolio; il tutto mentre all`Expo di Milano si discute sull`adeguatezza, presente e futura, delle risorse alimentari del pianeta. Si tratta di una storia complicata nella quale campeggiano tre attori. In primo luogo gli agricoltori canadesi e il Canadian Wheat Board (Cwb) che ne ha rappresentato gli interessi sin dalla crisi degli Anni Trenta del secolo scorso. Al Cwb, nel cui consiglio i rappresentanti eletti dai produttori di grano e altri cereali erano in maggioranza, tutte le imprese agricole del Manitoba (e di due regioni confinanti) avevano l`obbligo di conferire all`ammasso tutto il grano prodotto, ricevendone immediatamente un acconto sul prezzo. Il prezzo era normalmente vantaggioso perché il Cwb vende il grano che gli è stato consegnato sfruttando il potere di mercato che può derivare da una massa di milioni di tonnellate di prodotto. Con il tempo ha comprato silos e altre attrezzature per il trasporto e lo stoccaggio dei cereali, divenendo una vera e propria potenza commerciale. Nel 2004 bloccò il tentativo del colosso chimico statunitense Monsanto, di iniziare in Canada la coltivazione di grano geneticamente modificato. Prevalse poi un`impostazione liberista, legata alla crescente globalizzazione, con tre vittore elettorali consecutive dei conservatori dell`attuale primo ministro, Stephen Harper: al termine di un`aspra battaglia politico-legale, il Cwb viene dichiarato privatizzatile nel 2012 e meno di un mese fa viene effettivamente privatizzato al 51 per cento (gli agricoltori canadesi possono rilevare le quote restanti, ma i nuovi proprietari hanno il diritto di ricomprarle tra sette anni). Chi è l`acquirente di questo snodo di primaria importanza del commercio cerealicolo mondiale? Una sigla nuova di zecca, Ggg, ossia Global Grain Group, ovvero «gruppo granario globale». Dietro al Ggg si cela uno dei più giovani e uno dei più antichi tra i grandi operatori granari mondiali. Il primo è la Salic, una società finanziaria dell`Arabia Saudita, di proprietà pubblica, creata tre anni fa con lo scopo di investire nell`agricoltura e nell`allevamento. Ha una filiale a Londra e proprietà terriere in Polonia: una partenza molto cauta, una posizione di secondo piano dalla quale è uscita proprio con la formazione di Ggg. I Paesi produttori di petrolio da tempo impostano politiche di largo respiro, preparandosi per il tempo in cui il petrolio perderà di importanza. E guardano alle risorse alimentari del futuro, cercando di controllarne il più possibile. Il nuovo re, Salman bin Abdul Aziz salito al trono in gennaio, ha iniziato una politica estera vigorosa, ed è intervenuto militarmente nello Yemen. Perché non intervenire economicamente anche nelle pianure canadesi? Nella sua avventura, la giovane società araba è accompagnata da Bunge, una società agricolo-commerciale fondata ad Amsterdam quasi duecento anni fa e trasferitasi a New York nel 2001. E` presente in una trentina di Paesi non solo con attività commerciali, ma anche con impianti di trasformazione. In Italia ha uno stabilimento a Ravenna nel settore dei semi oleosi. Con l`acquisto di Cwb da parte di Ggg si compie, in sordina, un altro pezzo di una trasformazione globale che ha visto acquisti massicci di terreni agricoli soprattutto in Africa, ma anche in America Latina e in Europa, da parte di capitali arabi, cinesi, coreani e altri ancora. Ora l`interesse passa dalla produzione alla commercializzazione, sempre a livello globale. Si stanno preparando a una nuova darestia? Forse no, ma i mercati cerealicoli, pur tra alti e bassi legati ai capricci climatici dei singoli anni mostrano una tendenza di lungo periodo al rialzo dei prezzi per il doppio effetto dell`aumento della popolazione e dell`aumento del reddito. Tra vent`anni nel mondo ci saranno molti esseri umani in più, sperabilmente la fame sarà debellata, tutti vorranno mangiare meglio. Chi deterrà le chiavi della dispensa? Chi avrà accesso al grano canadese, a quelli dell`Argentina, della Russia, dell`Ucraina? Il discorso è troppo importante per essere lasciato aí soli mercati.

(Mario Deaglio, La Stampa del 4 maggio 2015)