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Davvero la società civile è delusa dalla riforma Pac?


Forse l’entusiasmo di Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura e sviluppo rurale (Comagri), è eccessivo:”È stata scritta una pagina importante per l’agricoltura europea”, ma il voto dell’Europarlamento ha certamente modificato in meglio la proposta iniziale di riforma della Pac.
Secondo un noto maitre a penser, invece, “gli eurodeputati hanno perso un’occasione unica per segnare la storia europea, ignorando così le richieste della società civile per una PAC davvero più verde, sostenibile e giusta” (la dichiarazione è apparsa su “La Stampa” del 14 marzo scorso).
L’opinione del maitre a penser è legittima, ma il biasimo ai deputati europei per aver ignorato le richieste della “società civile” è una forzatura.
La società civile non è un organismo compatto, ma un conglomerato d’interessi contrapposti, alcuni persino inconciliabili, da cui si levano voci ed istanze diverse. Le associazioni degli ambientalisti sono una componente minoritaria.
La retorica della società civile è un espediente usato da chi ha vuole contrabbandare le proprie personali opinioni per opinioni della collettività. I maitre a penser del Medioevo per convalidare le proprie opinioni ricorrevano ad Aristotele: ipse dixit, ovvero l’ha detto lui, vale a dire uno così autorevole che non si può più discutere. I maitre a penser dei nostri tempi ricorrono alla società civile, della cui volontà si ergono ad interpreti autentici.
Secondo noi, il voto del Parlamento europeo sulla Pac ha consolidato le positive modifiche della Commmissione Agricoltura, ha migliorato l’impianto complessivo della riforma e lo ha reso più flessibile e meno burocratico, correggendo alcune delle storture – non tutte come avremmo voluto – contenute nella proposta iniziale. La riforma è concepita in modo tale da rendere quasi inevitabile l’adesione alle misure “ecologiche”, il cosidetto “greening”.
La protezione dell’ambiente è da più di un ventennio un caposaldo della Pac. A partire dal 2005, gli agricoltori che beneficiano di pagamenti diretti, sono soggetti alla condizionalità obbligatoria che prevede norme molte impegnative in materia di ambiente, sanità pubblica, salute delle piante e degli animali e benessere degli animali.
Le norme europee sono le più severe del mondo, ma, come ha ricordato giustamente Paolo De Castro: “La sfide ambientali e della sicurezza alimentari sono centrali, ma in un periodo come questo, di aumento della domanda e di volatilità dei prezzi, la Pac può e deve trovare la sua giustificazione anche nell’obiettivo del mantenimento del potenziale produttivo europeo”. “Se non saremo ragionevoli nelle nostre richieste – diceva l’ex Ministro francese dell’agricoltura Bruno Le Maire – avremo salvato una certa idea di agricoltura, ma gli agricoltori saranno spariti”.
Le rappresentanze del mondo agricolo guardano ora con speranza ed apprensione alla fase negoziale che si aprirà l’11 aprile (il cosiddetto trilogo in cui saranno impegnati, Parlamento, Consiglio e Commissione Ue) e che dovrebbe concludersi entro il mese di giugno con un accordo su tutti e quattro i dossier al centro della discussione: pagamenti diretti, sviluppo rurale, Ocm unica e finanziamento e monitoraggio.
L’esito del negoziato tutt’altro che scontato, visto che alcuni Stati Membri hanno dimostrato di anteporre la difesa degli interessi propri al principio di solidarietà tra i popoli. Gli agricoltori dovranno vigilare.

Roberto Ercole, presidente Cia Piemonte