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Cuneo Formaggi il nuovo libro dei sapori


Uno stile più giornalistico, accattivante, adatto a un lettore che privilegia l’aspetto enogastronomico rispetto a quello economico in senso stretto, che dà più importanza a profumi e sapori rispetto a minuziose collocazioni geografiche, che si aspetta indicazioni precise sulle caratteristiche del prodotto e, perché no, anche qualche ricetta.
Martedì 8 aprile, nel salone d’onore della Camera di commercio, la
summa dei prodotti caseari di Granda è stata presentata ufficialmente.
Ferruccio Dardanello, convinto assertore del ruolo che le specialità
del territorio hanno, in un’ottica che guarda a una promozione a 360
gradi, ha sottolineato come “la grande risorsa delle produzioni che
traggono origine dal latte e approdano al consumo, dopo aver rispettato ricette antiche ideate dai nostri antenati relative al sapiente dosaggio di pochi ingredienti, all’uso del caglio, alla salatura, al confezionamento in forme e alla stagionatura, sia un tesoro per tutto il Cuneese”.
Singolare il fatto che, utilizzando semplici ingredienti, armonizzandoli tra loro, affinando il risultato e stabilendo tempi e ambienti diversi per l’invecchiamento, si ottengano risultati vari ed invitanti.
Lo hanno sottolineato i due giornalisti gastronomi che hanno
curato la nuova edizione di “Cuneo formaggi”, Adriano Ravera ed
Elma Schena.
Ognuno ha portato avanti il proprio ruolo: lui ha curato la parte storica, dopo un’accurata ricerca e un attento lavoro di aggiornamento
sull’elenco dei prodotti sottoposti a tutela; lei ha scelto le ricette, per rendere più piacevole il passaggio dalla teoria alla pratica.
Nel testo si parla delle Dop, cioè dei prodotti più blasonati, dal Bra al Raschera, dal Murazzano al Castelmagno, dalla Toma Piemontese al
Grana Padano, al Gorgonzola. Alcuni vivono in Granda tutta la loro
storia. Nascono in pianura o nelle nostre valli; altri, come il Gorgonzola, hanno radici in province vicine alla nostra, ma sono stati adottati dall’industria casearia locale.
Varia, interessantissima e curiosa la storia delle Pat, le produzioni
agroalimentari tradizionali, riservate a cerchie più ristrette di
buongustai perché legate a territori limitati, forti di una tipicità
che non può essere riprodotta altrove. Tra queste, ampia la scelta:
dal tomino di San Giacomo di Boves, al Brus, al Gioda, al nostrale d’Alpe, al Paglierino, alla Robiola d’Alba, alla Sola, ai vari tipi di toma e tomini, al Seirass, ai caprini.
Sono formaggi che profumano di montagna, che ricordano i pascoli, che
hanno tra i loro requisiti sapori unici, genuinità e, in qualche caso,
stagionalità.
La pubblicazione ricorda queste prerogative e si avvale, sul piano
tecnico, del contributo dell’Istituto lattiero caseario di Moretta, di
Assopiemonte Dop e Igp, delle organizzazioni professionali di
categoria, del laboratorio chimico della Camera di commercio di
Torino e dell’organizzazione nazionale degli assaggiatori di
formaggi.
Tante menti, tanti saperi e tanti palati a servizio di un patrimonio
sopravvissuto nei secoli e ancor oggi sulla cresta dell’onda.