Sezioni


Convegno di Cuneo “Lasciateci lavorare”


Va bene promuovere i formaggi d’alpeggio, ma se si va avanti così tra pochi anni non ci sarà più chi li produce.
E’ il grido di allarme che viene dai numerosi interventi dei produttori al convegno “Dalle Alpi alla tavola”, organizzato dalla Provincia di Cuneo per ragionare sulle problematiche del settore.
Il dibattito è iniziato con la proiezione della videointervista del margaro Andrea Colombero, che ha poi osservato che “il problema non sono gli incentivi, ma i costi di produzione”: «Non chiediamo di essere sostenuti – ha detto Colombero -, però si devono abbassare i costi che incidono sulla produzione, altrimenti non c’è futuro».
TRA UOMINI E LUPI. Franco Ramello della Coldiretti ha osservato che “la promozione è vitale per vendere e sopravvivere in montagna, fermo restando che gli attori principali devono essere i margari”.
Cristiano Peirache di Bellino ha posto per primo il problema del lupo, che “va declassato da specie protetta a predatore”. Un tema subito ripreso dal presidente dell’Adialpi, Giovanni Dalmasso, che si è concentrato sulla delicata questione degli affitti dei pascoli e della collocazione dei titoli Pac in montagna: «Non dovrebbe essere consentito che gli alpeggi vengano assegnati a chi non conduce le mandrie – ha detto Dalmasso -, bisogna bloccare le speculazioni prima che i margari vengano definitivamente fatti fuori dai loro territori».
LO SCANDALO DEGLI AFFITTI. I pascoli vanno all’asta al miglior offerente e fanno gola ai grandi detentori di titoli Pac, in forza dei quali i prezzi di assegnazione vanno alle stelle: «Le istituzioni devono intervenire – osservava Dalmasso -, mentre paradossalmente succede che anche la Regione abbia assegnato degli alpeggi all’asta ad aziende non margare. Così come ha fatto il Parco del Po, che ha addirittura consentito la trasformazione dei suoi pascoli in terreni ad uso seminativo, in modo da poterli assegnare a chi può pagarli di più perché li userà probabilmente in funzione del biogas o del fotovoltaico».
Tiziano Aiassa ha rappresentato il dramma di chi vede i capi della propria mandria sbranati dai lupi: «Ci vogliono anni per rimpiazzare un toro da riproduzione – ha detto Aiassa -, nessuna indennità può farlo».
Sugli affitti, secondo Aiassa, la questione “è sfuggita di mano, per cui nel giro di 4/5 anni si rischia di veder scomparire i margari, disperdendo per sempre un patrimonio di generazioni”.
UNIRE LE FORZE. La salvaguardia dell’azienda viene prima della promozione del prodotto, è l’opinione condivisa da Giovanni Fina dell’Arema, un’associazione di margari che “pensa più a lavorare che ad apparire”: «Ci sono problemi – ha detto Fina – che si possono risolvere a casa nostra, con le amministrazioni locali, senza aspettare interventi dall’alto. Margaro vuol anche dire cura della montagna, turismo, economia, questo deve essere chiaro».
Gli ha fatto eco il segretario zonale della Coldiretti di Saluzzo, Michele Mellano: «In molti Comuni siamo riusciti a stipulare degli accordi costruttivi sull’assegnazione degli alpeggi ai margari – osservava Mellano -, anche se, purtroppo, la legge non impedisce certi contratti deleteri per la categoria. L’importante è essere uniti, non disperdere le poche energie che ci sono».
Maddalena Giorgis di Chiusa Pesio richiamava la voce dei pastori, che, ancor più dei margari, non vengono considerati, sebbene svolgano una funzione fondamentale per la tutela dell’ambiente.
DALLE ALPI ALLA TAVOLA. «Dateci la possibilità di vendere e partecipare alle grandi fiere commerciali a condizioni agevolate», è la richiesta avanzata da Michelino Giordano, che precedeva l’intervento del preside dell’Istituto agrario di Cuneo, Claudio Dutto sui problemi delle infrastrutture e dei costi di produzione: «La comunicazione è importante – osservava Dutto -, così come bisogna saper fare squadra. Noi ci proviamo, con il tandem operativo dei nostri istituti di agraria e alberghiero».
Mario Martini avanzava le proposte di dotare i produttori del formaggio d’Alpe di un’unica cartellonistica e di assegnare dei riconoscimenti ai margari con più anzianità di contratto, come avviene per tutte le altre categorie. Sul fronte dei caseifici in alpeggio, si domandava come mai non funzionino: «Da Castelmagno devo percorrere 30 chilometri per lavorare il latte, perché sono falliti i progetti caseari in quota?».
LE CONCLUSIONI DELLA PRESIDENTE. Le conclusioni dell’incontro erano affidate alla presidente della Provincia di Cuneo, Gianna Gancia: «Gli incentivi sono farina del diavolo – ha detto la presidente -, perché drogano il mercato e creano bolle speculative, come purtroppo ben dimostrano in agricoltura la corsa al biogas e l’assegnazione degli alpeggi per la collocazione dei titoli Pac. Senza gli incentivi, questi problemi non ci sarebbero. Gli agricoltori non hanno bisogno di assistenzialismo, ma della libertà di lavorare».
La Provincia di Cuneo non ha la “bacchetta magica” per risolvere i problemi, né tantomeno i soldi di realtà più volte citate, come Trento e Bolzano, “che ricevono dallo Stato almeno 100 volte più di noi”: «Per il prossimo anno – ha osservato Gianna Gancia -, saremo in grado di investire, come Provincia, non più di 270 mila euro. Con queste cifre non andremo da nessuna parte. Se fino ad ora abbiamo tollerato che altre Province potessero navigare nell’oro con i nostri soldi, adesso non ce lo possiamo più permettere e dobbiamo rivendicare ciò che ci spetta».
Tuttavia, rilevava la presidente, “non tutto è una questione di soldi, ma ci sono anche aspetti legislativi su cui tutti insieme possiamo cercare di intervenire”: «I margari e la produzione dei formaggi tipici non sono realtà di serie B, ma di eccellenza del nostro territorio. Bisogna intensificare il dialogo tra istituzioni e società per individuare le soluzioni possibili. Su questo ognuno deve fare la sua parte e la Provincia c’è».