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Coldiretti: “Le industrie piemontesi dicano se importano il riso dalle terre Rohingya”


Medici senza Frontiere ha denunciato che almeno 6.700 Rohingya sono stati uccisi tra agosto e settembre in Birmania tra cui 730 bambini al di sotto dei 5 anni sono morti a causa delle violenze tra il 25 agosto e il 24 settembre. I Rohingya fuggiti in Bangladesh sono stati costretti a lasciare, tra l’altro, più di 28 mila ettari coltivati a riso a Maungdaw nello stato di Rakhine.

Le importazioni di riso in Italia hanno raggiunto addirittura il valore record di 7,3 milioni di chili in soli nove mesi sulla base dei dati Istat perché, nonostante l’accusa di pulizia etnica, la Birmania gode, da parte dell’Unione Europea, del sistema tariffario agevolato a dazio zero per i Paesi che operano in regime EBA (tutto tranne le armi).

“Una situazione umanitaria disumana di cui non si può far finta di nulla – sottolinea Paolo Dellarole presidente di Coldiretti Vercelli e Biella con delega al settore risicolo – Oltretutto, le ripercussioni delle importazioni sull’economia risicola italiana e piemontese stanno creando non pochi danni: basti pensare che, rispetto al 2016, gli arrivi di riso dalla Birmania sono aumentati del 736%. Il comparto continua a vivere diverse problematiche: dai bassi prezzi riconosciuti ai risicoltori fino ad arrivare al sistema medievale della commercializzazione che vige nel comparto dove regnano le speculazioni degli industriali”.

“E’ ora che le industrie del Piemonte, come dovrebbero fare tutte le industrie di trasformazione, dicano se importano il riso da quei territori da cui sono stati allontanati i Rohingya e dove ora stanno mettendo le mani le multinazionali – ribadiscono Delia Revelli presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa delegato confederale –. Si tratta, in primis, di una battaglia etica e di essere trasparenti nei confronti dei consumatori, ma anche di mettere in condizione tutta la società di compiere una scelta consapevole alla luce delle gravi situazioni che si stanno verificando, oltre alla criticità dei Rohingya, nei paesi asiatici. Ricordiamoci che – concludono Revelli e Rivarossa – il Piemonte resta la regione italiana con i numeri maggiori a livello produttivo con 117 mila ettari, 8 milioni di quintali di produzione e quasi 1900 aziende per cui è necessario intervenire per salvaguardare l’intero comparto e trovare le formule idonee per il rilancio dell’economia risicola Made in Piemonte”.