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C’era una volta il partito dei contadini


Una volta per gli agricoltori votare era facile. Alle politiche, come alle regionali o alle provinciale, i sindacati mettevano in campo i loro candidati e il gioco era fatto. Li votavano e loro “uscivano”, andavano nei Palazzi del potere di Bruxelles, Roma, Torino e Cuneo a rappresentare l’elettorato che li aveva massicciamente scelti.
In provincia di Cuneo, il partito che andava per la maggiore era la Democrazia cristiana, nell’ambito della quale la rappresentanza agricola era appannaggio della Coldiretti.
Per anni, parlamentari come Natale Carlotto e Giovanna Tealdi, per citare due nomi non a caso, hanno fatto la spola tra le piazze dei mercati agricoli della Granda, i loro “uffici” sul campo, e piazza Montecitorio, dove lavoravano nelle commissioni e nei ministeri dell’agricoltura e del lavoro.
Si dice, probabilmente non a torto, che in quel periodo molte leggi e molti importanti decreti in materia agricola venissero scritti a Cuneo e recepiti a Roma. In ogni caso, quella era la cinghia di trasmissione tra il mondo dei campi e quello della politica.
Erano altri tempi, d’accordo. Oggi che la Balena bianca non c’è più, forse non sarebbe più possibile, né conveniente, per i sindacati, schierarsi da una parte o dall’altra. Gli agricoltori cuneesi, un tempo “uniti” nel ventre del grande cetaceo democristiano, si sono scoperti di destra e di sinistra, così che, tra delfini e trote in ordine sparso, votare è diventato sempre più “difficile”.
Le principali organizzazioni professionali agricole in realtà qualcosa fanno. Appelli ai partiti, decaloghi, linee guida, ricevendo puntualmente da tutti ampie e promettenti rassicurazioni.
Dopo di che, quanto si può dire che conti, oggi, l’agricoltura cuneese? Chi la rappresenta?
Se è vero che il settore primario sta tornando strategico nel rilancio del Paese, chi e dove ne scriverà le regole? Non i figli dell’agricoltura cuneese, la prima del Piemonte. Non più a Cuneo, sembra evidente.
In questo senso, era meglio quando si stava peggio. Perché in fondo, molto spesso gli interessi dell’agricoltura, che vuol dire anche ambiente e alimentazione, non sono né di destra, né di sinistra e quasi quasi, per farli valere, ci vorrebbe un partito. Ce ne sono tanti, in effetti manca quello dei contadini.