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Castagna Cuneo Igp un futuro possibile


Il castagno in Piemonte, e in provincia di Cuneo in particolare, continua a essere una risorsa, non solo ambientale, storica e culturale, ma anche economica. Cercare di arrestarne l’abbandono, vuol dire investire concretamente sulla montagna, lavorare per il futuro, impedire che un enorme patrimonio vada disperso per sempre.
Ma chi lo può fare? Chi può permettersi di investire oggi ed attendere dieci anni prima di raccogliere i frutti dei nuovi impianti delle nostre pregiate varietà?
Una risposta ci sarebbe: i giovani, che restano o tornano nelle terre alte.
Certo, è passato un secolo da quando il castagno in Piemonte rappresentava la principale fonte di sostentamento e reddito della popolazione montana del Piemonte. Si stima che all’inizio del Novecento si raccogliessero in Regione circa 500 mila quintali di castagne all’anno. Oggi siamo intorno a 80 mila quintali, il 75 per cento dei quali proveniente dalla Granda. E senza voler prospettare assurde rincorse produttive, lo spazio per una significativa crescita di mercato senza dubbio c’è, eccome. Bisogna che qualcuno dia una mano per invertire la tendenza alla fuga o al ripiego sistematico sulle varietà ibride, e il resto potrebbe venire da sé, soprattutto se si riusciranno a coinvolgere i vari attori della filiera castanicola.
In questa direzione si è mossa la Provincia di Cuneo, con un bando (in scadenza il prossimo 17 febbraio) per il finanziamento di nuovi impianti di castagno locale nella zona di produzione della Castagna Cuneo Igp: «E’ come gettare una pietra nello stagno – commenta Mauro Armando, funzionario del Settore Agricoltura della Provincia di Cuneo -, i presupposti per ridare slancio alla produzione delle castagne locali ci sono, dal riconoscimento dell’Igp alla richieste del mercato. Non c’è nulla da inventare, parliamo di un prodotto che ha una storicità importante, legata al territorio. Si tratta di partire con il rinnovo dei castagneti, orientandosi laddove possibile verso frutteti che possono permettere l’ottenimento di una produzione di qualità».
Basteranno le risorse del bando per fare la rivoluzione?
«E’ vero che i contributi in gioco non sono molti – osserva Armando -, ma rappresentano un significativo segnale di rottura, dopo anni in cui si sono praticamente fatti impianti solo con varietà ibride. E’ necessario invertire la tendenza, si può fare».
I produttori sembrano scoraggiati dalla burocrazia dell’Igp…
«L’importante è far partire la filiera coinvolgendo i vari attori, le soluzioni e gli stimoli sulla certificazione verranno di conseguenza. Solo se si rimane fermi, le difficoltà appaiono insormontabili. Il Consorzio della Castagna Cuneo Igp è lo strumento adatto per programmare e gestire il futuro del settore. E’ chiaro che tutti devono fare la loro parte, dai tecnici ai produttori».
Le malattie che hanno decimato i castagneti, non fanno più paura?
«Sul cinipide la lotta biologica ha prodotto risultati sorprendenti in un tempo relativamente breve. A distanza di 6, 7 anni dai primi lanci, nelle vallate a ridosso di Cuneo si è già realizzato l’equilibrio biologico tra il fitofago ed il suo specifico limitatore e ci sono tutti i presupposti affinchè questa situazione possa rapidamente estendersi in tutti gli areali castanicoli provinciali. Nello stesso tempo, nel Comitato Tecnico creato in Provincia sull’emergenza cinipide, si sta monitorando l’evoluzione del cancro del castagno e delle altre malattie fungine, con l’obiettivo di trovare efficaci metodi di contenimento».
Quando si saprà chi ha ottenuto l’accesso al bando?
«Scaduto il termine per la presentazione delle domande verrà stilata la graduatoria in base ai criteri fissati nel bando e poi si procederà alle definizione delle istruttorie dopo aver effettuato il sopralluogo in azienda».

LA MAPPA DELLE AZIENDE
PRODUTTRICI DI CASTAGNE
(fonte: schede di assistenza tecnica – Regione Piemonte)

Le superfici dichiarate a castagneto registrate in Anagrafe regionale (dati 2008) risultano essere circa 5.700 ettari, ripartiti su quasi 3.400 aziende.
Analizzando brevemente i dati, si vede come la Provincia di Cuneo rappresenta l’area castanicola nettamente più importante con circa 5.000 ettari di superficie produttiva e l’80% delle aziende. Segue a distanza la Provincia di Torino con circa il 10% in termini di superficie: in questa provincia vi sono però alcune realtà che hanno mantenuto viva la castanicoltura da frutto grazie alla qualità delle produzioni.
La dimensione delle aziende castanicole (1,71 ettari/azienda), se rapportate ai valori medi del settore agricolo, sono abbastanza ridotte, ma se si considera il contesto di marginalità economica in cui queste operano, la sola esistenza di 900 aziende ciascuna con oltre 2 ettari di castagneto coltivato rappresenta un buon risultato ed una realtà da tutelare con opportuni strumenti decisionali e di sostegno.

CASTAGNE, QUANTO E DOVE
SI PRODUCE IN PIEMONTE
(fonte: schede di assistenza tecnica – Regione Piemonte)

La produzione regionale di castagne, che incide quasi per il 10% su quella nazionale, negli ultimi tempi si è attestata su valori annui di 80.000 quintali, oltre il 75% dei quali provenienti dal Cuneese.
La produzione proviene per la maggior parte da castagneti tradizionali soggetti a regolare manutenzione, anche se in alcune realtà, soprattutto del Monregalese, la raccolta è effettuata anche su superfici non coltivate o semi-abbandonate. Si stima, infine, che il 10% circa dell’offerta sia garantito da nuovi impianti caratterizzati da una pratica agronomica più intensiva.
Per quanto riguarda i flussi commerciali, il 40-45% del prodotto è destinato al mercato tradizionale, il 25-30% all’esportazione ed il rimanente all’industria.
L’entità delle produzioni attuali, è ben lontana dai valori che hanno caratterizzato il ‘900 dagli inizi fino al secondo dopoguerra; in quel periodo, ogni anno, venivano raccolti mediamente 500.000 quintali di castagne che, destinate per la quasi totalità all’autoconsumo, costituivano una delle principali fonti di sostentamento e reddito delle popolazioni montane. A quei tempi, quindi, il castagneto giocava un ruolo economico fondamentale per molte aree marginali del Piemonte, mentre oggi la situazione è decisamente cambiata, poiché la castagna ed il marrone sono visti come prodotti stagionali tipici e di pregio, ed occupano nicchie di mercato completamente diverse.

CASTAGNA CUNEO IGP
TRA STORIA E MERCATO
(fonte: schede di assistenza tecnica – Regione Piemonte)

La Castagna Cuneo IGP ha ottenuto la registrazione a marchio IGP nel settembre 2007. La zona di produzione e di condizionamento si estende su un territorio di circa 17.000 ettari.
Presenta una forma ovale e si distingue per il sapore dolce e delicato e per la consistenza croccante, che la rendono particolarmente adatta sia al consumo fresco che trasformato.
I primi riferimenti alla coltura del castagno nella provincia di Cuneo risalgono alla fine del XII Secolo; fin dal 1500 il mercato di Cuneo era già molto attivo per la vendita delle castagne, rimase a lungo il principale centro commerciale e diventò, nel tempo, un mercato di importanza europea. Come si può ben capire quindi, la storia
delle popolazioni delle valli cuneesi è strettamente legata alla produzione e al consumo di castagne.
Il disciplinare prevede che i castagneti siano situati a quote non troppo elevate (da 200 a 1000 m s.l.m.), in posizioni soleggiate e riparate dal vento, e che il terreno sia tenuto sgombro da un eccessivo sviluppo della vegetazione erbacea ed arbustiva
onde consentire una regolare raccolta dei frutti.
La Castagna Cuneo IGP può essere commercializzata sia allo stato fresco sia essiccata con la tecnica tradizionale della essiccazione a fuoco lento e continuato in essiccatoi prevalentemente costituiti da locali in muratura.
Ottime utilizzate come ingrediente nella preparazione di dolci (quali castagnacci, frittelle e budini), le castagne possono essere servite anche calde come contorno.
Le castagne secche e la farina possono essere utilizzate anche nella preparazione di piatti tradizionali quali minestre, polente e gnocchi.