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Cambia la direttiva nitrati Zone vulnerabili: novità


Il decreto sviluppo, passato in via definitiva alla Camera dei Deputati, prevede la modifica dei criteri di applicazione della Direttiva nitrati. il provvedimento dispone infatti: “la revisione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, prevedendo al contempo, nelle more dell’audizione della nuova mappa, e comunque per non più di un anno, che nelle attuali zone vulnerabili da nitrati si applichino le disposizioni previste per le zone non vulnerabili”.
E’ una novità particolarmente significativa, accolta con soddisfazione dagli allevatori, al cui raggiungimento ha contribuito anche la Confederazione Italiana Agricoltori, come osserva il direttore di Cuneo Igor Varrone, grazie alla quale si concede un anno di tempo alla Regioni per rivedere la mappa delle cosiddette zone vulnerabili da nitrati, nelle quali esiste il divieto di spargimento dei reflui degli allevamenti oltre un limite massimo annuo di 170 chilogrammi di azoto per ettaro ed è regolamentata l’utilizzazione agronomica dei reflui zootecnici.
La Direttiva Nitrati, come è noto, è un provvedimento emanato dell’Unione Europea con lo scopo di ridurre e prevenire l’inquinamento delle acque e del suolo causato dai nitrati. Questa Direttiva è stata recepita prima a livello nazionale e successivamente dalle singole Regioni. A queste ultime compete l’applicazione delle norme comunitarie e nazionali sul proprio territorio. La Direttiva, per altro, riguarda solamente l’agricoltura, nonostante il contributo del settore orimario all’inquinamento da nitrati delle acque sia certamente meno importante di quello del settore civile e dalle altre attività produttive.
La delimitazione attuale delle zone vulnerabili è così estesa e le disposizioni per le aziende così restrittive che, se Governo e Parlamento non fossero intervenuti, si rischiava di mettere in ginocchio il comparto zootecnico nel nord Italia ed in particolare in Piemonte. Gli allevamenti, già in difficoltà a causa dell’elevato aumento di tutti i costi di produzione, non avrebbero potuto sostenere gli investimenti necessari per adeguare le proprie strutture e per far fronte ai nuovi gravami burocratici e amministrativi imposti dalla normativa.
Ora è necessario ed urgente ridefinire in senso riduttivo le aree classificate come vulnerabili, limitandole a quegli ambiti per i quali effettivamente e realmente il carico zootecnico possa comportare significative alterazioni dei limiti qualitativi delle acque.