Sezioni


Argentina – Italia dialogo sul latte


Nei prossimi dieci anni la richiesta di latte è destinata a crescere, ma la speculazione, oggi, rischia di uccidere gli allevamenti. Bisogna sottrarre la produzione all’altalena dei prezzi, favorendo meccanismi di stabilizzazione dei mercati.
Ne parla in un colloquio esclusivo con terraoggi.it il direttore nazionale della pianificazione strategica settoriale del ministero dell’Agricoltura argentina, Roberto Enrique Socin, che in questi giorni è tornato a visitare il Cuneese, dove l’anno scorso fu ospite del convegno internazionale dell’associazione allevatori Edf Italia, presieduta da Antonino Bedino.
Socin è un produttore di latte di quarta generazione. Insieme a suo fratello, in Argentina conduce un’azienda di 400 latte in lattazione, con una produzione di 8 mila litri al giorno e 2 mila ettari di coltivazioni, la maggior parte in affitto, tra mais, soia, medica, grano e orzo. Suo nonno fu il fondatore della Sancor, la cooperativa di latte più grande del Sudamerica.
In questi giorni la proposta di legge da lui stesso elaborata come presidente della Camera del latte di Santa Fe e coordinatore nazionale della Camere del latte è al vaglio del Parlamento argentino, con ottime probabilità di essere approvata.
Direttore Socin, il latte in Argentina continua a scaldare gli animi.
«Si tratta di portare a termine un percorso avviato all’inizio degli Anni Duemila, quando per effetto dell’equiparazione del cambio peso/dollaro, il prezzo del latte crollò e la produzione precipitò dai 130 milioni di quintali del 1999 ai 79 milioni di quintali del 2003. Furono gli anni in cui i produttori di latte si diedero come nuova forma di rappresentanza le Camere del latte, in alternativa ai quattro sindacati tradizionali che non soddisfacevano le aspettative della categoria. Il punto di svolta fu la manifestazione del marzo 2002, quando gli allevatori bloccarono per una settimana gli stabilimenti industriali. Una parte delle rivendicazioni venne accolta e ci fu una ripresa del settore, favorita dalla svalutazione. Nel 2011, la produzione di latte è risalita a 116 milioni di quintali e nel 2012 si prevede raggiungerà i 120 milioni di quintali».
L’Argentina produce più latte di quanto ne consumi.
«Si, il fabbisogno interno è intorno ai 90 milioni di quintali. Il problema, per noi produttori, è gestire l’eccedenza, che è soggetta alla estrema volatilità del mercato estero».
Su questo punto, cosa prevede la vostra proposta di legge?
«Un meccanismo differenziato di prezzo, che distingua il mercato interno da quello estero, con un fondo di compensazione che serva ad ammortizzare gli sbalzi delle quotazioni».
Come funzionerebbe?
«Quando il prezzo internazionale è più alto di quello interno, la differenza va nel fondo di garanzia, che a suo volta soccorre gli allevatori nel caso in cui il prezzo si abbassi sotto la soglia nazionale».
Una ricetta che potrebbe andar bene anche in Italia?
«No, perché qui da voi il problema è opposto, producete poco più della metà del fabbisogno nazionale e il sistema è regolato da quote europee».
Ci sono problemi comuni, come il vertiginoso aumento del costo dei foraggi.
«Certo, gli allevamenti non possono sopravvivere alla speculazione. Bisogna difenderli, prima che sia troppo tardi».
Come vede, in prospettiva, il mercato del latte?
«A livello mondiale, nei prossimi dieci anni è previsto un sensibile aumento della domanda di latte, soprattutto dall’Africa e dall’Asia».
Non teme, però, che questi due Continenti potrebbero fare da soli e, anzi, diventare dei forti competitori internazionali?
«No. Un produttore di latte non si improvvisa, è una questione culturale legata al rapporto tra l’uomo e la mandria, attraverso la storia di generazioni. Perciò è importante difendere gli allevamenti, perché se chiudono, sarà difficile riaprirli».

(nella foto, Antonino Bedino e Roberto Enrique Socin)