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Agricoltura simbiotica il nuovo orizzonte


Sergio Capaldo, direttore ed anima del Consorzio di allevatori “La Granda” di Genola (Cuneo), è stato ospite di Geo, il programma televisivo di Rai Tre, sensibile ai temi che riguardano la natura. Durante la nota trasmissione, Capaldo ha presentato in diretta l’Agricoltura Simbiotica. Che cosa è?

COS’E’ L’AGRICOLTURA SIMBIOTICA

Sono tante le porte che si sono aperte in agricoltura nell’arco degli ultimi secoli: da quella convenzionale a quella sostenibile, da quella integrata a quella biologica fino a quella biodinamica, incentrata sulla visione spirituale antroposofica del mondo elaborata da Rudolf Steiner per la produzione di cibo, in maggiore equilibrio con l’ecosistema terrestre.

Oggi arriva l’Agricoltura simbiotica: un miglioramento, un’evoluzione che vuole rendere le pratiche agricole ancora più sostenibili sotto il punto di vista economico.

UN PO’ DI STORIA

Facciamo un po’ di storia.
Lo sviluppo delle piante come le conosciamo oggi ha avuto inizio circa 450 milioni di anni fa dalle alghe. Da allora esiste un legame forte ed indissolubile fra la pianta stessa e la popolazione di microorganismi presenti nel suolo. Tuttavia l’epoca in cui ci viviamo, che gli studiosi chiamano Pasteriana (da Pasteur) ha visto sempre più venir meno questo legame considerando, anzi, i microbi presenti nei terreni come qualcosa da annientare.

STRATEGIA DELLA NATURA

Diserbanti, metalli pesanti, insetticidi, fitofarmaci sono tutti trattamenti pensati in origine con lo scopo di proteggere la pianta, senza però considerare gli effetti negativi legati alla perdita di terreno fertile nel lungo periodo.
Il terreno è sterile. È come se gli avessimo fatto la chemioterapia! La natura si comporta in modo diverso, per fortuna lo sappiamo, e nel corso dei milioni di anni ha messo a disposizione delle piante una strategia vincente approntata per lo sviluppo, l’affermazione e la proliferazione della pianta stessa. Tale è il concetto di “superorganismo” ovvero un essere vivente composto da milioni di organismi dove il DNA della pianta rappresenta l’1% del corredo genetico mentre il restante 99% fa capo a funghi, batteri e microrganismi vari presenti nel suolo.

SUPERORGANISMO

La popolazione microbica vicino alle radici viene chiamata Plant Grow Promoter (PGP), le strutture formate con i funghi simbionti micorrize; le strutture formate con batteri azotofissatori vengono chiamati noduli radicali; i microrganismi che rendono assimilabile e disponibile per la pianta la sostanza organica e l’azoto contenuto nella chitina dell’esoscheletro degli insetti o nei nematodi vengono chiamati saprofiti. Invece non è stato ancora stabilito il nome del Superorganismo: esso viene erroneamente classificato come pianta anche se la pianta è una componente del Superorganismo. Infatti la parte funzionale del DNA della pianta costituisce l’uno per cento del DNA del Superorganismo, il restante 99% è rappresentato dall’insieme funzionale dei microrganismi che lo formano.

CENTO MICRORGANISMI PER CELLULA

Sono 100 i microrganismi per ogni cellula del nostro superorganismo. Una differenza evolutiva sostanziale rispetto al mondo animale, che permette alle piante collegate di sopravvivere anche in condizioni critiche grazie alla capacità di essere parte di una rete, come con il moderno Internet.
Eccolo il superorganismo! Un essere vivente complesso, resistente alle malattie, in grado di autocurarsi nel migliore dei casi, che è ben più della somma dei singoli organismi di cui è composto. Sappiamo che gli esseri umani si servono di batteri che albergano nel nostro intestino per digerire e sintetizzare una varietà di nutrienti presenti nel cibo che ingeriamo, incluse le vitamine B e K. Ci sono prove sempre crescenti di come la protezione dalle malattie e perfino la nostra salute mentale dipendano dalle diverse comunità microbiche che ospitiamo, all’interno dell’intestino, sulla pelle, in bocca e perfino nel nostro ombelico.

MICROBI VIRTUOSI

E così anche le piante, incluse tutte quelle sulle quali contiamo per produrre chicchi, frutta e verdura per la nostra tavola, hanno un rapporto ugualmente stretto con i microbi. E, come per gli uomini, il rapporto simbiotico tra una pianta e i suoi microbi che albergano sulle foglie, nelle radici e nel terreno è essenziale per la sopravvivenza della pianta stessa e per la sua salute. Anzi, l’essenza delle piante – la capacità fotosintetica di sfruttare la luce e di trasformarla in alimento – deriva da un microbo antico dalle quali le piante dipendevano talmente intimamente da averlo incorporato all’interno delle loro cellule, trasformandolo così in ciò che noi conosciamo come cloroplasto.

RECUPERARE LA FERTILITA’

È qui che, in antitesi con l’accademia degli ultimi 50 anni che ha promosso la distruzione massiva dei microrganismi del suolo (incondizionatamente senza distinzione fra buone e cattivi), entra in gioco la nuova frontiera dell’agricoltura eco-simbiotica; il recupero della fertilità del suolo, della vitalità microbiologica tramite l’inoculazione di un biota microbico, frutto di biotecnologie e della ricerca italiana.
L’agricoltura eco-simbiotica già esiste anche se siamo ancora agli albori. In parole povere, l’indebolimento delle piante è sotto gli occhi di tutti e necessita ogni anno di una serie di trattamenti atti ad eliminare i vettori dei mali più virulenti attraverso però lo sterminio di tutti i microrganismi del suolo. La proprietà dei microrganismi di adattarsi rapidamente ai cambiamenti ambientali è il segreto del successo. Nasce dall’azione interattiva dei microrganismi che vivono insieme alle piante (PGP)e che per la maggior parte occupano la superficie delle radici, delle foglie, del fusto e dei vasi linfatici. I microrganismi PGP, inoltre, si nutrono degli essudati radicali, delle sostanze presenti nella superficie delle foglie, del fusto e delle sostanze contenute nella linfa. Per la pianta sono dei graditi ospiti, tanto che il 20 per cento della produzione di sostanze elaborate con la fotosintesi clorofilliana è destinato al nutrimento dei microrganismi.

L’IMPERATIVO DEL FUTURO

“Produrre di più, meglio e con sempre meno chimica è l’imperativo del prossimo futuro. In questo senso l’agricoltura eco-simbiotica può rappresentare una delle risposte più valide e innovative per il settore, esprimendo un alto “valore aggiunto”, quello della sostenibilità e della qualità, e favorendo le migliori condizioni ambientali per le persone e il territorio”.
E’ quanto sostiene la Cia-Confederazione italiana agricoltori. “L’agricoltura – rileva la Cia – oggi si trova di fronte a due sfide: da un lato la crescita della domanda alimentare globale che richiede incrementi di produttività, dall’altro la sempre più limitata disponibilità di risorse (acqua, terra, energia) che desta grande preoccupazione. E’ chiaro, quindi, che in un quadro del genere, temi come la tutela della biodiversità e del paesaggio, la fertilità dei suoli, più in generale la sostenibilità ambientale, diventano sempre più strategici per lo sviluppo competitivo del comparto. Uno degli strumenti con cui rispondere a queste nuove sfide è proprio l’agricoltura eco-simbiotica, che rappresenta una delle più importanti novità nel panorama delle “tecniche sostenibili” di gestione produttiva.

CONTRADDIZIONI

Una simbiosi, si è spiegato nel corso dell’incontro, in grado di favorire lo sviluppo qualitativo della produzione, contribuendo contemporaneamente al miglioramento delle condizioni ambientali e, quindi, alla salvaguardia della salute pubblica e dei suoli”.
Si tratta di “benefici notevoli – spiega il presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino- che, tuttavia, trovano ostacoli al loro sviluppo all’interno del quadro legislativo europeo”.
Per effetto di errate interpretazioni delle regole comunitarie (Regolamento Ue 1107/2009 relativo all’autorizzazione alla vendita dei prodotti fitosanitari), infatti, alcuni ceppi di microrganismi dei suoli sono inclusi tra i fitofarmaci e, quindi, non possono essere commercializzati per altri scopi, ad esempio come fertilizzanti.

CAMBIARE ROTTA

“Una situazione paradossale – ha continuato Scanavino – se si considera anche l’espansione globale che stanno avendo i fertilizzanti a base di microrganismi”. E’ necessario, dunque, “cambiare rotta e fare un’attenta riflessione politica sul tema da cui dovranno scaturire misure e azioni concrete”. A partire “dall’interpretazione corretta del Regolamento Ue sull’immissione al consumo dei fitosanitari”. Non solo: secondo Scanavino “i tempi sono maturi per cominciare a lavorare alla definizione di un quadro normativo ‘ad hoc’ in materia di biofertilizzanti”.

Gianfranco Falco